Esteri

Un 25 aprile di assalti alla verità storica e alla democrazia

L’Italia celebra una festa della Liberazione macchiata dalla crescente prepotenza dei neofascisti al governo che vogliono riscrivere la storia e far saltare la Costituzione

Che 25 aprile sarà quello che ci attende? Le premesse sono pessime. Si festeggia una liberazione dal nazifascismo con i neofascisti al governo che stanno mettendo le mani su tutti i gangli vitali del Paese, sulla magistratura, sulla cultura, sull’informazione. Puntano alla reductio ad unum dei poteri dello stato centralizzando ogni decisione nelle mani del governo, svuotando la funzione legislativa del Parlamento, minando alle fondamenta il Quirinale, cioè le prerogative del presidente della Repubblica. Vogliono riscrivere la Costituzione negandole le sue origini, vogliono trasformare il 25 aprile in una festa contro ogni dittatura, fascista o comunista per loro pari sono. Del resto, i primi passi in questa direzione li ha mossi l’Unione europea decretando l’equiparazione tra fascismo e comunismo con il voto persino degli europarlamentari del PD. Da noi si racconta che il 25 aprile più che una liberazione dal nazifascismo fu un sospiro di sollievo per la fine della guerra avvenuta grazie agli alleati angloamericani, e persino Benigni in La vita è bella ci ha raccontato che Auschwitz fu liberata dagli americani. Bisogna far dimenticare a cittadini ridotti al rango di telespettatori che negli ultimi giorni del ’43 Napoli fu liberata da un’insurrezione di popolo durata 4 giorni e conclusa con la cacciata dei tedeschi, prima che arrivassero gli alleati. E un anno e mezzo più tardi altre insurrezioni sostenute dai partigiani in armi liberano Genova, Firenze e a Milano e Torino migliaia di combattenti scesero in città dalle valli e dai monti per guidare la battaglia popolare che costrinse alla fuga dall’Italia liberata i tedeschi, e i fascisti a nascondersi nelle fogne, almeno per un po’. Gli alleati furono accolti da un popolo in festa, un popolo liberato dai partigiani in armi. Il comando alleato si complimentò con il CLN Alta Italia per il lavoro fatto. A preparare la liberazione del nord, a ridare a un popolo soggiogato e ammutolito e perseguitato da un ventennio di dittatura fascista una speranza - un’occasione di riscatto che consentì all’Italia di uscire dalla Seconda guerra mondiale con meno vergogna per le sue pregresse responsabilità criminali accanto ai nazisti - furono i grandi scioperi operai del ’43 e ’44. Questo ricorderanno le manifestazioni promosse dall’ANPI, l’associazione dei partigiani.
 
Le destre comandano in Italia grazie alla fuga dei partiti democratici dalle loro responsabilità e dei cittadini dalle urne perché non vedono alcuna alternativa al dominio neofascista, non un programma, non un’idea diversa di mondo e di relazioni umane, di economia. E le destre riscrivono la storia. Se la prendono, in pessima compagnia di chi dovrebbe opporsi, con l’ANPI perché è contro la guerra, non questa o quella guerra, contro la guerra e contro il riarmo, contro l’idea che se vuoi la pace devi preparare la guerra, contro l’invio di armi a nazioni in guerra. Eppure, nella Costituzione sta scritto che “l’Italia ripudia la guerra”. Mi raccontava tanti anni fa un vecchio partigiano che era stato commissario politico della brigata Garibaldi nella Repubblica dell’Ossola liberata, prima della rivincita sanguinaria della Wehrmacht: “Siamo stati noi partigiani a pretendere che si scrivesse in Costituzione il ripudio della guerra perché la guerra l’avevamo attraversata, e la guerra alla fine ammazza l’anima, rende le vittime sempre più simili ai carnefici. Ai figli diciamo che abbiamo preso le armi contro tedeschi e fascisti perché loro non debbano impugnarle, mai più”. Quel comandante partigiano si chiamava Gino Vermicelli, la morte gli ha risparmiato la cronaca dell’oggi. Racconta alla Stampa Iole Mancini: “Mi hanno impedito di raccontare la resistenza nelle scuole. Eppure Mattarella ha chiesto a noi partigiani di parlare ai giovani”. Iole ha 104 anni ed è medaglia d’argento al valor militare per le sue battaglie da gappista a Roma, è stata rinchiusa e torturata nel famigerato carcere di via Tasso dal boia delle Fosse ardeatine Eric Priebke. Da un anno non può mettere piede nelle scuole per parlare ai ragazzi, così adesso le sue lezioni sulla Resistenza le tiene a casa sua.
 
Le bugie dei camerati

Meloni e i suoi camerati ci raccontano che Mussolini ha fato anche cose buone, che ha sbagliato solo con le leggi razziali del ’39 e con l’ingresso in guerra accanto alla Germania. Non è così, la presa del potere delle camicie nere è avvenuta con la violenza, le stragi, gli assalti alle camere del lavoro, l’arresto, l’esilio e l’uccisione degli oppositori democratici. Matteotti è stato assassinato nel ’24, e oggi gli eredi del fucilatore Almirante gli regalano un francobollo commemorativo, per altro i francobolli non li usa più nessuno, ma tanto per non smentirsi dedicano un francobollo anche a Berlusconi, l’uomo del bunga-bunga che ha sdoganato il fascismo trent’anni fa portandone i figliocci al governo.
 
Non vestono l’orbace come i loro nonni, i neofascisti di governo. L’Europa li perdona e Ursula Von del Leyen li coccola perché combattono al fianco di Zelensky, inviano armi a si riarmano a loro volta utilizzando per i cannoni i soldi che sarebbero necessari per il welfare, la sanità, per combattere la povertà, per rinnovare i contratti pubblici. Non usano l’olio di ricino con le pur timide e divise opposizioni ma le tacitano, le cacciano dal servizio pubblico televisivo, oscurano ogni critica e querelano chi li critica. Caricano gli studenti che chiedono la fine dei bombardamenti a Gaza, massacrano di botte e torturano i ragazzi rinchiusi nel carcere minorile Beccaria.
 
Picconano il diritto a manifestare, a scioperare, alle donne ad abortire. La sola presenza di un governo autoritario sdogana i peggiori sentimenti e comportamenti, talvolta mettendo in imbarazzo la stessa Meloni che si barcamena tra gli assalti degli squadristi (anche alla sede della Cgil) di cui si è voluta circondare e la finta immagine democratica con cui si presenta a Bruxelles. Il comune di Pantelleria, tanto per dirne una, ha vietato l’esecuzione di Bella ciao nella cerimonia per la ricorrenza del 25 Aprile, si può suonare solo l’Inno di Mameli.
 
Quella Milano del 1994

Trent’anni fa, dopo il trauma per la vittoria di Berlusconi alle elezioni e i fascisti al governo, il giornale il manifesto promosse una manifestazione nazionale a Milano proprio il 25 aprile che si trasformò in un evento di popolo ridando fiducia e trasformando la disperazione in rabbia che in pochi mesi portò alla caduta del governo. Ma allora a guidare la Lega non c’era Salvini ma Bossi che predicava addirittura l’indipendenza della Padania ma si sentiva ed era antifascista e alla fine ebbe un ruolo importante nella caduta del governo Berlusconi. Ma soprattutto c’era una sinistra che, pur timida e smarrita, riusciva ancora a cogliere benché in ritardo i sentimenti popolari. Oggi lo scenario è ben diverso. Il manifesto ha di nuovo lanciato un appello a tornare tutti a Milano. La speranza è l’ultima a morire. Buon 25 Aprile.

Pubblicato il

24.04.2024 14:59
Loris Campetti
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Federica Bassi

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023