I socialisti svizzeri, finalmente, si sono occupati intensamente dell'integrazione della popolazione straniera. La direzione del partito ha presentato un documento in 17 pagine con tanto di analisi, nove tesi e tredici misure in favore dell'integrazione. La discussione all'assemblea dei delegati del 2 dicembre a Muttenz è stata controversa e accesa. Parecchi emendamenti proposti da parte di diverse sezioni e dal gruppo dei Secondos sono stati accettati, molti sono stati respinti.
Il Pss definisce in sostanza l'integrazione come un processo reciproco che chiede sforzi agli immigrati per potersi destreggiare nel nostro mondo, ma pure disponibilità e apertura da parte della popolazione locale. Questa visione mi convince. Il documento elenca, tra l'altro, le difficoltà che possono incontrare una minoranza, soprattutto di giovani provenienti dai Balcani e dalla Turchia con scarsa formazione, con poche prospettive professionali, esposti al rischio di aver bisogno di assistenza e di cadere nella delinquenza.
Sono toni nuovi quelli usati dai socialisti che finora hanno preferito schivare la patata bollente, lasciando spazio alle campagne antistranieri denigratorie dell'Udc, che creano paure e scontento nella popolazione. È indispensabile che anche la sinistra si occupi di quella piccola minoranza di stranieri problematici e proponga dei rimedi. Tutto ciò anche per poter affermare: vista la percentuale di stranieri che supera leggermente il 20 per cento l'integrazione in Svizzera funziona bene ed il nostro paese ha approfittato e approfitta tutt'ora della massiccia presenza di lavoratori immigrati. Non dimentichiamo per esempio quanti Secondos hanno successo come imprenditori innovativi, come ricercatori e nel mondo dello spettacolo, nel cinema e nel cabaret. Spesso l'immigrazione è fonte di arricchimento; in alcuni casi di problemi. Ma rispettiamo, per favore, le giuste proporzioni.
Giustissime sono le proposte per un'integrazione immediata, dal momento dell'arrivo in Svizzera. Se i figli dei nuovi arrivati conoscono male la lingua locale e hanno scarsa formazione, a questi vengono allora suggeriti dei corsi mirati con lo scopo di garantire loro pari opportunità. Mi domando, tuttavia, se lo strumento proposto dal Pss sia adeguato a realizzare l'obiettivo: una convenzione d'integrazione da concludere con il datore di lavoro o – per persone senza attività lucrativa – con lo Stato. Siccome l'integrazione si costruisce nei comuni e nei cantoni, si dovrà tener conto delle condizioni locali. Nel canton Neuchâtel, ad esempio, esiste già una cultura dell'accoglienza e il diritto di voto a livello comunale e cantonale si è rivelato un prezioso aiuto all'integrazione. Il punto di partenza neocastellano è dunque già molto diverso da quello di Argovia, cantone quasi assente nella promozione dell'integrazione.
Saranno necessari molti interventi nei cantoni e nei comuni se il documento sull'integrazione dovrà e vorrà portare i suoi frutti. Gli sforzi saranno coronati da successo solo se i socialisti troveranno alleati, anche tra i politici borghesi. A livello svizzero si può e si deve aumentare massicciamente il credito, attualmente di 14 milioni, in favore di misure di integrazione; inoltre è possibile dare slancio alla discussione sull'integrazione. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il lavoro d'integrazione si fa nei comuni e nei cantoni.
Il documento del Pss è dunque un forte segnale a procedere con più fervore e più efficacia sulla lunga via dell'integrazione.
Buon viaggio.

Pubblicato il 

15.12.06

Edizione cartacea

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