Vent'anni fa, Marazzi pubblicava un inquietante studio sulla povertà. Il commento scettico e cinico di un politico fu: "Ma dove sono tutti questi poveri? Io non ne vedo!" Oggi, nessuno dubita che vi siano dei poveri anche da noi e, per di più, si vedono. Un consigliere comunale di Lugano ha espresso pubblicamente il suo fastidio per i poveri che si vedono e per chi li aiuta, fra cui il Convento dei Capuccini… È un segno dei tempi, purtroppo, anche il moltiplicarsi delle analisi sulla povertà, sull'assistenza, sulle politiche contro l'esclusione. Nelle scorse settimane, in Ticino,  ne sono uscite ben tre.
Lo studio della Supsi (Marazzi e altri) indaga, tra l'altro, sulla crescita delle spese per l'assistenza sociale. Non solo aumentano le economie domestiche nel bisogno, ma occorre un importo maggiore per assicurare loro il minimo vitale. Negli anni recenti per i quali i dati sono certi e confrontabili (2004-2006), la spesa totale per l'assistenza è aumentata di quasi 11 milioni di fr., di cui 9 milioni (oltre l'80 per cento) dovuti all'aumento dei nuclei che vi ricorrono (del 21per cento, da 3'500 a 4'250) e 2 milioni dovuti all'aumento delle prestazioni medie versate ad ognuno (del 4 per cento, da 12'150 a 12'600 fr. all'anno), nonostante le misure restrittive adottate. Poveri più numerosi, dunque, e sempre più poveri.
Il Coordinamento donne della sinistra ha presentato un'indagine sui servizi sociali pubblici e privati impegnati sul fronte del disagio: esclusione dal lavoro, povertà, indebitamento, disgregazioni familiari, giovani in rottura, salute e handicap. Gli operatori sociali sono in affanno: utenti che cumulano più svantaggi, numero di operatori limitato, poco tempo per ogni utente, accesso alle prestazioni più difficile, prevenzione trascurata, poche risorse per favorire l'integrazione sociale e professionale, molto impegnativa poiché l'accesso ad un lavoro, anche modesto, è sempre più difficile.
Di quest'ultimo aspetto si occupa il terzo studio, analisi di un progetto pilota di accompagnamento sociale e professionale di giovani in difficoltà, a Lugano. In Ticino sono oltre 400 i titolari di prestazioni assistenziali con meno di trent'anni, molti a Lugano. Il progetto pilota ha riguardato situazioni molto difficili: giovani senza formazione, da tempo fuori della scuola e senza lavoro, incapaci di gestire i pochi soldi che hanno.
Nonostante il sostegno personalizzato degli operatori del servizio sociale comunale, quasi la metà ha interrotto il programma: aspettative troppo elevate rispetto alle loro competenze modeste, e motivazione fragile. Il valore che attribuiscono al lavoro è diverso da quello dei più anziani, sono in rottura con il mondo degli adulti (famiglia, scuola, lavoro), si adagiano a sopravvivere con l'aiuto dell'assistenza. Sono a rischio di esclusione permanente: una cosa grave. Occorre un grande investimento nel loro futuro.
Non possiamo rassegnarci a veder crescere un nuovo "Lumpenproletariat" sotto i nostri occhi. Abbiamo i mezzi per evitarlo. È una priorità politica.

Pubblicato il 

16.03.07

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