Senza età

C’era da aspettarselo, atto primo. Domenica 25 settembre i cittadini svizzeri hanno bocciato l’iniziativa AVSplus, voluta e sostenuta con convinzione dal sindacato, che chiedeva un sostanziale aumento delle pensioni (+10%) del primo pilastro della nostra previdenza vecchiaia. Il no popolare è stato inequivocabile. I numeri sono numeri e non si discutono. È inutile girarci attorno. Bisogna prenderne atto. Conforta il fatto che la sconfitta non ha assunto i contorni della batosta.
Il 40% dei votanti ha pur sempre sostenuto l’iniziativa. Sono oltre 900.000 cittadini che hanno detto sì a un’AVS forte. Al pari di cinque Cantoni, fra cui il Ticino. Magra consolazione? Chissà! Ma è da ciò che bisognerà ripartire. Perché se oggi si è perso, niente è perduto. È un lusso che non possiamo (non dobbiamo) assolutamente permetterci. Questa sconfitta deve anzi consolidare la nostra consapevolezza di dover continuare a battersi per l’AVS. Senza il benché minimo dubbio di fare la cosa giusta. Contro tutti (o quasi) come questa volta. Compresi quei tanti giovani che si sono lasciati convincere dalla paura, creata ad arte, di dover pagare un prezzo troppo alto oggi per poter assicurare un  finanziamento sicuro alla loro pensione di domani. Alla faccia della solidarietà intergenerazionale che costituisce il punto di forza, l’unicità, il valore aggiunto dell’AVS.


C’era da aspettarselo, atto secondo. Il dibattito sul progetto Previdenza 2020 al Consiglio nazionale non ha lasciato dubbi sul clima politico che regna a Berna in generale e, in particolare, ha evidenziato i rapporti di forza in quella che viene chiamata la Camera del Popolo. Democentristi e liberali, compresi quelli che si definiscono anche verdi, hanno fatto fronte comune e indicato chiaramente che la legge dei numeri è dalla loro parte. Le decisioni prese dal Consiglio degli Stati nel settembre del 2015, quindi prima delle elezioni, sono state confermate per quanto concerne le donne (in pensione a 65 anni), il pensionamento flessibile (scelta tra 62 e 70 anni con un conseguente adeguamento della pensione) e il secondo pilastro (abbassamento al 6% del tasso di conversione). È invece stato cancellato l’aumento delle nuove pensioni AVS (70 franchi per i singoli e 226 franchi le coppie) voluto dalla Camera dei Cantoni per compensare la riduzione del 12% delle pensioni della previdenza professionale. E nella prossima sessione di dicembre gli Stati dovranno anche esprimersi in merito al cosiddetto meccanismo di salvataggio – introdotto dal Nazionale, ma scorporato dalla riforma e quindi da votare separatamente – che prevede la possibilità di un aumento automatico a tappe dell’età di pensionamento a 67 anni per tutti in caso di ristrettezze finanziarie dell’AVS. Definire cupe le prospettive per il progetto Previdenza 2020 non è quindi fuori luogo, men che meno significa fare del catastrofismo.


C’era da aspettarselo, atto terzo. È chiara la volontà politica di accrescere il peso del secondo pilastro, ovviamente a beneficio di chi lo gestisce. E quel che continuo a non capire (figuriamoci ad accettare!) è l’accondiscendenza sindacale quando, nel 1972, se ne decise l’introduzione e l’obbligatorietà. L’alternativa era un’AVS forte. Allora come oggi. La storia si ripete.

Pubblicato il 

06.10.16

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