Ecco il sommario: a  Melide sono previsti l'abbattimento della Romantica e la costruzione al suo posto di un condominio di lusso; sempre a Melide cadrà presto la vecchia Villa Branca; a Campione d'Italia tutti hanno visto sorgere l'impressionante casinò più grande d'Europa; a Muzzano nell'ex-proprietà Coray, in riva al Ceresio, sono iniziati i lussuosi condomini Parco-lago; a  Vico-Morcote e a Melide fervono i cantieri delle residenze Vico-lago, Miramonte-lago e Palma-riva. Tutti nomi di straordinaria fantasia che seppelliscono definitivamente anche sul piano toponomastico, il delicato paesaggio del lago di Lugano. Insomma una strage.
Ma andiamo con ordine.
La vecchia Romantica, che esisteva già prima del ponte-diga (1847) fu ampliata attorno alla metà dell' '800 da Leopoldo Galli, architetto lombardo attivo alla corte di Vittorio Emanuele II. Sembra che Vincenzo Vela vi venisse ogni tanto col barroccino a mangiare la tinca e a rievocare le imprese torinesi; lui repubblicano e liberale focoso, il Galli monarchico d'ufficio ma forse liberale in cuor suo. Insomma oltre alla qualità architettonica v'è nella Romantica anche una specie di deposito di non trascurabili memorie storiche.
Il Signor Begjet Pacolli, con la più totale indifferenza, tirerà giù tutto, muri, giardini, memorie, per far spazio a nuovi investimenti magari di oscura provenienza russo-albanese. Si tratta di quel Pacolli che, si dice, avrebbe arruolato operai in nero per la ristrutturazione dell'Albergo Olivella di Vico, e che avrebbe loro impartito l'ordine di fuggire nei boschi soprastanti ogni qualvolta ci fosse sentore di qualche imminente controllo sindacale o di polizia. Ma è un "si dice".
E a Campione? Tutti hanno visto quell'architettonico ammasso firmato Botta, di oltre duecentomila metri cubi, costato più di 100 milioni di euro, sistemazioni interne ed arredamenti esclusi. Nel lago sono stati posati degli enormi tubi metallici che assicurano il raffreddamento dell'impianto di climatizzazione con esiti nefasti  per la temperatura delle acque e la salute dei pesci. La prevista grande scalinata a lago non sarà eseguita. Nel frattempo il Corriere di Como ha annunciato che saranno licenziati un centinaio di dipendenti e che un piano intero dell'edificio non sarà neanche occupato.
A Melide è imminente la demolizione di Villa Branca. Minacciose antenne annunciano che un nuovo palazzo sorgerà addirittura a filo della strada, eliminando anche quel minuscolo giardinetto che gentilmente separava la vecchia dimora dalla cantonale.
A Muzzano c'era invece un ampio terreno pianeggiante con spiaggia aperta al pubblico, sul quale sorgevano anche modesti edifici a capanna costruiti da Han Coray, un ex-maestro di scuola svizzero-tedesco, trapiantato in Ticino, che dal nulla aveva raccolto nei padiglioni magnifiche collezioni: pezzi di arte africana, quadri del grande pittore svizzero Max Gubler, di Edmondo Dobrzanski e di altri artisti maggiori, Tutta quella ricchezza andò dispersa ed ora sul terreno sorgeranno condomini di lusso in pericolosa vicinanza di canneti, zone umide, luoghi rari di vita e di riproduzione di piante ed animali del lago.
Vico-lago, Miramonte-lago, Palma-riva? Poco importa se saranno fatti in stile minimalista-ipermoderno, tutto cristalli temperati e metalli innovativi, oppure in stile messico-bavarese con intonachi grumosi e vecchi coppi tolti dai tetti delle cascine lombarde e piemontesi. Saranno comunque un guaio. E viene allora una domanda. Ma a cosa servono queste iniziative? A che bisogni rispondono? Risposta ovvia: a nessun bisogno, assolutamente nessuno, se non ad una perniciosa idea di crescita ad ogni costo, alla ricerca di oltretutto incerti guadagni, con un totale incivile disprezzo del territorio.
È permesso ad uno della mia età raccontare una storiella personale?
Quand'ero un ragazzotto dovevo accompagnare il professor Poretti, direttore della Scuola dei pittori di Lugano, nella pesca del salmerino. Lui pescava col filo di rame che scendeva fino a quaranta, cinquanta metri di profondità. Io remavo. Ma dovevo remare molto regolarmente e lentissimamente, che quasi non si sentisse, nel silenzio delle primissime ore del mattino, dalle parti della forca di San Martino o del Ponte del diavolo, le zone più profonde del lago. L'anziano professore pativa di prostata e spesso in piedi in fondo alla barca orinava faticosamente in una latta, …plic, plic…pliplic… (Lo scarso contenuto non andava versato nel lago ma doveva essere portato accuratamente a riva.) E poi, di tanto in tanto, tintinnava il campanellino appeso al filo: i salmerini, nella loro fredda profondità, avevano abboccato. Attorno a noi, pescatore e rematore silenti, c'era la calma assoluta del lago, paesaggi verdini e grigio-celesti, rocce, vigne, paesi quasi intatti e ville circondate di mistero. Non posso dire che in quei momenti io fossi particolarmente felice però il lago e le terre che gli stavano attorno, erano per me e per tutti un luogo di normale, abituale e, pensavamo, durevole serenità. Ci eravamo sbagliati. 

Pubblicato il 

16.02.07

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