La più grave crisi economica dal '29 ha frullato i temi che la globalizzazione neoliberista si era già incaricata di mescolare. La caduta della domanda nei punti alti dello "sviluppo" – termine ambiguo e contraddetto dall'emergenza economico-sociale e ambientale – continua a decimare l'occupazione. Meno lavoro uguale meno diritti del lavoro (la caduta della quantità si porta dietro quella della qualità). Il capitalismo è anch'esso in crisi profonda, vittima dei suoi stessi totem e dell'improponibilità della crescita infinita: ma è anche rivoluzionario, non è alla fine della sua storia, si innova e tenta di trasformare la crisi in opportunità. Si può obiettare che la risposta alla crisi con gli stessi princìpi, meccanismi e uomini che l'hanno generata non potrà essere di lunga durata. Ma intanto una reazione capitalistica si vede.
E il sindacato dove va? Come cambia, come si attrezza al nuovo scenario? Di risposte possibili ce ne sarebbero molte, nella pratica però, quel che emerge è una grave inadeguatezza. Frantumazione invece di globalizzazione (di lotte e diritti), spinte nazionalistiche, perdita di rapporto con un mondo lavorativo disperso in filiere lunghe fuori da ogni controllo democratico che riduce potere e intervento sindacali. Molto spesso, quel che emerge è un'introiezione di valori altrui, il passaggio dal conflitto alla collaborazione con l'impresa (pubblica e privata), talvolta subalterna, tal altra finalizzata a un'illusoria riduzione del danno.
In Italia Cisl e Uil hanno fatto le loro scelte nella direzione della "complicità" (termine suggerito dal ministro del lavoro Sacconi) con governo e imprese, praticando l'isolamento della Cgil con accordi separati, persino sulla riforma del sistema contrattuale che sterilizza i contratti di categoria, rinviando aspetti salariali e normativi alla concertazione confederale. Il ruolo del sindacato, la sua strategia e l'autonomia, il rapporto con Cisl e Uil, la democrazia, sono i capitoli centrali del congresso della Cgil. Definiti documenti e regole, prima di Natale partirà l'iter che si concludera con il congresso nazionale a primavera. Dopo anni di unanimismo, questa volta agli iscritti si presentano due mozioni contrapposte: una firmata dal segretario generale Guglielmo Epifani e appoggiata dalla maggioranza del direttivo e delle Camere del lavoro, l'altra da un insieme di soggetti e aree sindacali diverse, tra cui spiccano i segretari generali della Fiom, della Funzione pubblica – le maggiori organizzazioni dei lavoratori attivi – e dei bancari, più un membro della segreteria confederale e alcune aree che per la prima volta sono schierate con la sinistra della Cgil. La domanda che la seconda mozione rivolge a Epifani e all'organizzazione è netta: la Cgil proseguirà sulla strada dell'autonomia e del conflitto, oppure farà un passo indietro, rincorrendo Cisl e Uil sulla strada della «complicità»?

Pubblicato il 

04.12.09

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