Continua il resoconto del mio viaggio in America Centrale e a Cuba, dove sono arrivato il giorno dopo la partenza del Papa.
Dapprima alcune parole sulla tappa in El Salvador, dove dovevo fare una perizia sulla situazione oncologica. Più di quattro quinti della popolazione sono trattati negli ospedali pubblici, mentre un 15 per cento che dispone di una copertura assicurativa fa capo agli ospedali del Seguro Social. Del 2-3% di super-ricchi si occupano le cliniche private. Le disparità sono enormi. Nell'ospedale pubblico principale non c'era neanche la morfina! Se le cliniche private hanno due apparecchi modernissimi di radioterapia, nel settore pubblico neanche uno. Da noi si fatica a far capire che esistono ancora grosse differenze di classe. In quel paese basta poco per capire "come funziona il mondo". Eppure nel Salvador il governo è di sinistra. Ma la crisi economica, la distruzione di 30 anni di neoliberalismo e lo strapotere statunitense stanno rendendo ogni riforma quasi impossibile. Il risultato lo si è visto alle recenti elezioni legislative: siccome il governo di sinistra non riesce a fare quello che vorrebbe, la gente è delusa e quindi o si astiene o stavolta vota a destra.
Ed eccomi a Cuba, dove di fronte alla malattia tutti sono uguali, anche se talora manca l'una o l'altra cosa, quale conseguenza del blocco economico statunitense. Nella settimana prima di Pasqua, l'Avana straripava di turisti. Segno che l'isola caraibica diventa sempre più una meta affascinante. La mia ultima visita risale a 15 mesi or sono: già allora s'intravedevano i primi segni delle riforme. Erano aumentati i venditori ambulanti, i piccoli ristoranti e le possibilità di alloggio presso i privati. Oggi quasi un centinaio di mestieri sono esercitati come piccoli impresari privati, avendo però solo un numero molto ristretto di possibili impiegati. Grazie alla distribuzione di molte terre ai contadini e la vendita privata dei i loro prodotti, si sono moltiplicati i mercatini agricoli. L'Avana oggi ribolle per l'attivismo dei venditori. Con l'aumento dell'importanza dei soldi, emergono anche fenomeni negativi quali l'aumento di mendicanti e la ricerca quasi ossessiva di mance. A livello della cooperazione statale la situazione è molto complessa: le vecchie regole non valgono più, mentre le nuove non sono ancora state chiarite. I quadri intermedi della burocrazia sono incerti su cosa possano fare e il burocrate medio tende a dire di no per evitare problemi.
E il Papa? L'impressione è che l'effetto della visita sia stato meno dirompente rispetto a quanto avvenne quindici anni or sono con la visita di Giovanni Paolo II. La partecipazione alle cerimonie è stata alta (il Partito Comunista si è dato molto da fare in questo senso!), ma m'è parso di capire che il cubano medio abbia preso il tutto con una certa sufficienza… tutti sembravano soprattutto contenti perché grazie alla visita, il Venerdì Santo è diventato giorno di vacanza. Raul Castro, che si è rifiutato di discutere col Papa sulla limitazione dell'aborto e sull'apertura alla Chiesa cattolica di spazi nelle scuole pubbliche, doveva pur fare qualche concessione. Il cardinal Ortega, parlando in veste ufficiale, ha scritto sull'Osservatore Romano che «ormai a Cuba non ci sono più prigionieri politici». La cosa non ha fatto piacere ai circoli anticastristi di Miami, che hanno subito tacciato il cardinale di pericoloso comunista… Anche la blogger Yoani Sánchez, abituata a spararle grosse, s'è sentita obbligata ad attaccare il cardinale. Ma anche la Rsi ha fatto la sua parte: contrariamente al Papa che si era rifiutato di ricevere i cosiddetti dissidenti e le "dame in bianco", la nostra televisione si è concentrata soprattutto su questi aspetti… sarebbe forse ora che anche a Comano si mettano da parte i paraocchi e ci si renda conto della nuova realtà cubana.

Pubblicato il 

04.05.12

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