Le ultime due settimane di gennaio hanno visto ben quattro rapine a mano armata in quattro diversi distributori di benzina ticinesi. Episodi di questo tipo non rappresentano una novità, ma nonostante questo, le misure di prevenzione restano spesso lacunose.

Le rapine nelle stazioni di servizio in Ticino, soprattutto nella zona di confine, non sono un fenomeno nuovo, e non sono nemmeno in aumento. Lo sostiene, statistiche alla mano, il Commissario Angelo Fieni, della polizia cantonale, sezione reati contro il patrimonio. «Se guardiamo solo il mese di gennaio di quest'anno e lo paragoniamo a quello dell'anno scorso, il numero di rapine ai danni delle stazioni di servizio è aumentato. – spiega il commissario – Ma se si prendono in considerazione i dati annuali degli ultimi cinque anni no, non si può parlare di escalation». Si passa infatti da anni "più fortunati", come il 2009, dove le rapine nei distributori di benzina sono state quattro, a anni "meno fortunati", come il 2007, che ne ha invece registrate quindici.
Cosa ne pensa chi nei distributori di benzina ci lavora e rischia di subire in prima persona una rapina? Come spesso succede dopo una serie di avvenimenti che toccano una determinata categoria di persone, dopo le quattro rapine di gennaio la paura è cresciuta tra i colleghi delle vittime, in particolare nella zona di confine. In molti si sono detti preoccupati ma, pur sapendo che per la loro categoria professionale il rischio esiste ed è maggiore rispetto ad un negozio qualsiasi, vanno avanti sperando che non venga mai il loro turno di essere derubati.
«Le persone che subiscono una rapina vivono un evento traumatico, in cui  si sentono impotenti e vulnerabili di fronte a una minaccia di morte», spiega Cristiana Finzi, delegata cantonale per l'aiuto alle vittime di reati, che prosegue: «la persona si sente esposta al pericolo senza alcuna protezione. La minaccia di morte può danneggiare l'identità psichica ed emotiva della vittima».
Il trauma di una rapina sul posto di lavoro porta spesso delle conseguenze sulle vittime, che in molti casi, nei giorni successivi, non riescono più a dormire di notte, si sentono nervose, hanno dei continui flashback sull'accaduto, tendono a volersi isolare, fanno fatica a concentrarsi e a ritornare sul posto di lavoro. Secondo la legge federale per l'aiuto alle vittime di reato, queste persone hanno diritto a un sostegno, che è però facoltativo. «L'aiuto prevede innanzitutto l'ascolto per capire i bisogni della vittima – continua a spiegare Finzi – perché non tutti reagiscono allo stesso modo di fronte ad un evento traumatico. Poi, se la vittima lo desidera può beneficiare di un sostegno psicologico per essere sostenuta e aiutata a superare il trauma».
L'obiettivo è che la persona possa riprendere la stessa qualità di vita che aveva prima dell'aggressione. Prima la vittima viene ascoltata e accolta, più si abbassa il rischio di una cronicizzazione dei sintomi post-traumatici. Purtroppo, non tutti riescono a superare il trauma e tornare al lavoro: «alcune persone che sono state aggredite con violenza – spiega Finzi – non sono più state in grado di tornare sul posto di lavoro e di ritrovare la fiducia in se stessi nella vita».
Al di là dell'aspetto economico per la stazione di servizio, una rapina può quindi avere delle conseguenze importanti per il lavoratore che la subisce. In che modo queste stazioni di servizio possono perciò diminuire al massimo il rischio di subirne una? Secondo il commissario Fieni, «con maggiori controlli sul terreno e aumentando la visibilità della polizia si può contribuire a una diminuzione dei rischi, ma i proprietari stessi delle stazioni di servizio possono adottare delle misure preventive».
Fieni suggerisce ad esempio che nelle ore a rischio può avere effetto dissuasivo la presenza di più persone nel negozio. «Un consiglio che mi sembra importante dare ai responsabili delle stazioni di servizio è: adottate delle strategie antirapina. – insiste il commissario – Quale tipo di strategia è difficile dirlo parlando in generale, ogni caso va valutato singolarmente, ma delle misure vanno adottate. A volte basterebbe semplicemente migliorare il sistema di videosorveglianza, che è spesso scadente; installare dei sistemi d'allarme o applicare delle serrature speciali che consentano il bloccaggio delle porte». Anche con queste misure, non abbiamo la certezza che le rapine alle stazioni di servizio diminuiscano, ma «se si guarda quello che è successo migliorando i sistemi di sicurezza delle banche, si può ben sperare».
In ogni caso, se a qualcuno dovesse capitare di trovarsi vittima di una rapina, Fieni consiglia vivamente di non voler fare l'eroe: «l'importante è non reagire. Non si sa mai con chi si ha a che fare – spiega – e avere reazioni può essere pericoloso, soprattutto se chi abbiamo di fronte non è un rapinatore professionista ed è quindi più nervoso. Una reazione potrebbe spaventarlo e farlo a sua volta reagire, sparando o utilizzando un'arma». Meglio invece concentrarsi sui particolari e osservare bene il malvivente, per essere poi in grado di fornire alla polizia le informazioni utili alla sua identificazione.


I "big" si discolpano

Le stazioni di servizio nella zona di confine, ma non solo, sono spesso bersaglio di rapinatori improvvisati che il più delle volte si devono accontentare di un magro bottino. Le grandi aziende fornitrici di carburante e proprietarie di alcuni di questi distributori di benzina, assicurano di fare il possibile per limitare i rischi di rapina, mettendo in atto misure di prevenzione che vanno dai corsi per il personale, all'istallazione di sistemi d'allarme e videosorveglianza. Nonostante ciò, le misure di sicurezza restano in molti casi lacunose (vedi articolo sopra) e non bastano a dissuadere i malintenzionati.
Contattati da area, Shell, Bp e Eni (Agip), assicurano di avere una strategia aziendale che va nella direzione di garantire la massima sicurezza nelle loro stazioni di benzina, e questo implica anche delle misure antirapina. Ad esempio, organizzano dei corsi per insegnare al personale come reagire in caso di rapina, oltre ad adottare delle misure tecniche volte a dissuadere i potenziali rapinatori (su esplicita richiesta, non sveliamo chi adotta quali sistemi): una buona illuminazione delle stazioni di servizio, videosorveglianza, pochi contanti in cassa, sistemi di controllo elettronici d'entrata, almeno due persone nelle fasce orarie critiche e altri piccoli accorgimenti. Insomma, tutte le misure antirapina che il Commissario Angelo Fieni, della polizia cantonale (articolo sopra), suggerisce ai responsabili delle stazioni di servizio.
C'è però una cosa di cui tener conto: queste sono le misure che le grandi aziende prevedono siano messe in atto nei loro distributori, ma non tutte le stazioni di benzina che portano il loro marchio sono effettivamente gestite da loro, come fa notare la portavoce di Bp. «In Ticino abbiamo poche stazioni di servizio gestite direttamente da noi, quasi tutte sono in gestione esterna e noi abbiamo solo un contratto per la fornitura di carburante», spiega. In questi casi, sta al gestore decidere quali misure di sicurezza adottare e quanto investire nella prevenzione delle rapine, l'azienda fornitrice può solamente limitarsi a dare delle raccomandazioni.
In Ticino, uno dei grandi gestori degli shop annessi alle stazioni di benzina è Piccadilly. Area ha tentato di contattare la direzione per chiedere se hanno una strategia aziendale in termini di prevenzione delle rapine e quali sono, concretamente, le misure messe in atto. La risposta è semplicemente stata: «nessuno di Piccadilly rilascia dichiarazioni sul tema rapine». Una risposta simile area l'aveva già ricevuta il giorno prima da una dipendente (vedi box).

Pubblicato il 

11.02.11

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