La piazza è come il bicchiere: a dipendenza di come la guardi è mezza piena o è mezza vuota. Mercoledì della scorsa settimana la Piazza del governo a Bellinzona era mezza vuota per chi si aspettava una più importante partecipazione di dipendenti dello Stato. Era invece mezza piena per chi considerava che si era soltanto al colpo d'avvio della mobilitazione contro i tagli che il governo ticinese vuole imporre al suo personale quale contributo al risanamenteo dei conti pubblici e della cassa pensioni dei dipendenti dello Stato. Ne parliamo con Raoul Ghisletta, segretario cantonale del sindacato dei dipendenti pubblici Vpod.

Raoul Ghisletta, dopo la manifestazione del 3 ottobre a Bellinzona quali sono le prospettive della mobilitazione a difesa dei salari e delle pensioni dei dipendenti dello Stato?
Difficile dire ora quali possano essere le prospettive. Dobbiamo ancora affinare la strategia. Perché molto dipenderà da cosa deciderà il parlamento, in particolare sul preventivo 2013 e quindi sul taglio agli stipendi dei dipendenti dello Stato e ai contributi agli enti sussidiati.
C'è stato spazio per una trattativa con il governo?
No, di fatto non è mai cominciata. Si sono limitati in luglio a comunicarci il nuovo piano pensionistico e il 19 settembre il taglio del 2 per cento degli stipendi. Non c'è stata nemmeno una trattativa perché il governo non l'ha voluta aprire. Costatiamo però che questo governo, rispetto alle compagini che l'hanno preceduto, è più eterogeneo. Ed è su questo preventivo che si misurerà la sua coesione. Vediamo cosa succederà nelle prossime settimane.
Dunque confida nel parlamento?
La discussione sul preventivo in parlamento già l'anno scorso è stata un disastro per il governo, quando i comuni si erano ribellati ai 40 milioni di solidarietà che gli erano stati chiesti. Per finire lo scorso anno solo i socialisti rimasero col governo. Per questo è tutt'altro che sicuro che il preventivo uscirà dal parlamento così come ci sarà entrato. Anche perché proprio lo scorso anno questo parlamento bocciò una misura di risparmio proposta dal governo sulle spalle dei dipendenti, cioè l'abolizione dell'indennità per economia domestica. Lo scenario potrebbe ripetersi anche quest'anno.
L'agenda dei prossimi mesi?
La nostra priorità ora è sistemare la questione dei casi più delicati sotto il profilo dell'equità interessati dalla riforma della cassa pensione. La speciale sottocommissione che sta trattando il dossier della riforma della cassa pensione ci ha seguiti su questo punto. Il Gran Consiglio ne discuterà già in novembre. In quell'occasione sul tappeto ci sarà anche la questione dell'adeguamento delle rendite pensionistiche al rincaro. Il taglio del 2 per cento dei salari dei dipendenti pubblici e dei contributi agli enti sussidiati arriverà invece in parlamento solo in dicembre, ed è possibile che mantenendo alta la pressione si possa bloccare tale taglio già in sede parlamentare, senza dover ricorrere al referendum. Ma se dovesse passare il 2 per cento il referendum mi pare inevitabile.
Intanto però state pensando ad uno sciopero proprio per opporvi al taglio del 2 per cento dei salari.
Sì, faremo uno sciopero d'avvertimento, probabilmente il 21 novembre. Sarà una giornata nella quale lo sciopero si svolgerà secondo modalità diverse a dipendenza dei settori professionali e delle diverse situazioni. Lo faremo in particolare in quei settori da cui viene una chiara richiesta di misure di lotta, come il mondo della scuola. In altri settori, dove c'è un'altra cultura sindacale e un altro modo di intendere le relazioni fra datore di lavoro e dipendenti, dovremo pensare ad altre modalità d'azione. Poi c'è tutto il settore degli enti sussidiati, per i quali le conseguenze del taglio del 2 per cento dei sussidi possono essere molto diverse a dipendenza delle singole situazioni, e quindi anche la mobilitazione si farà un po' caso per caso. E infine c'è tutto il settore ospedaliero, dove ora ospedali pubblici e cliniche private sono sussidati allo stesso modo a causa della legge federale: cosa accadrà in questo settore e quali misure di lotta si potranno attuare lo sapremo quando avremo in mano il preventivo.
Ma la partecipazione alla manifestazione del 3 ottobre è parsa un po' sotto le attese.
Siamo nella fase in cui stiamo scaldando i motori. Fare i comunicati non basta per pensare che la gente arrivi in piazza. Bisogna essere presenti sui posti di lavoro e discutere con le persone. È il compito che ci attende. Tenuto conto dunque che è stato il momento iniziale della mobilitazione l'entusiasmo fra i partecipanti era buono. E pure la partecipazione quantitativa non mi è parsa così scarsa: in piazza a Bellinzona c'è stato un dipendente cantonale su dieci, che è già qualcosa. Considerando poi che finora la mobilitazione l'ha fatta quasi soltanto la Vpod. Il malcontento mi sembra comunque generalizzato fra i funzionari cantonali.
Su obiettivi e strategie i sindacati del settore pubblico sono uniti?
Negli obiettivi sì. Sulla cassa pensione ad esempio abbiamo scritto una lettera congiunta dei tre sindacati e dell'associazione dei pensionati con le nostre rivendicazioni. Ci siamo dunque presentati in modo unitario dove è necessario essere uniti, cioè di fronte al parlamento. Sul piano tattico è vero che le strategie divergono. La nostra base ci chiede di essere molto visibili, mentre l'approccio degli altri sindacati è assai diverso. L'importante però è che gli obiettivi siano comuni.

A difesa dei salari e delle rendite

Dopo che in settimana la Sottocommissione della gestione ha accolto le richieste dei sindacati sui casi più delicati di dipendenti dello Stato che oggi hanno meno di 50 anni e che avrebbero rischiato un taglio delle rendite pensionistiche fino al 20 per cento, sono ancora tre le richieste da parte dei sindacati:
•    annullamento del taglio del 2 per cento sui salari dei dipendenti cantonali e sui contributi cantonali agli enti sussidiati (misure che saranno inserite nel preventivo 2013 del Cantone e che dovrebbero rimanere in vigore a mente del Consiglio di Stato fino al 2015);
•    adeguate misure accompagnatorie al cambiamento di sistema pensionistico;
•    ragionevole compromesso sulla compensazione del rincaro per le rendite dei pensionati che salvaguardi le rendite pensionistiche più basse.
La misura che farà più discutere è il taglio degli stipendi e dei contributi agli enti sussidiati del 2 per cento. Come prima reazione i docenti del Liceo di Lugano 1 hanno deciso di sospendere le uscite con le classi di durata superiore a un giorno. Il taglio risulta tanto più difficile da comprendere in quanto negli scorsi mesi si stavano avviando delle trattative per rivalutare gli stipendi dei docenti e per riclassificare quelli degli impiegati. Non a caso la Vpod parla di «doccia fredda». Tanto più che per risanare la cassa pensioni anche in Ticino si passerà dal sistema del primato delle prestazioni a quello del primato dei contributi: passaggio che in tutti gli altri cantoni era stato accompagnato, come compensazione, da un aumento degli stipendi.

Statali ticinesi, un taglio all'anno

È caratterizzata da uno stillicidio di tagli, blocchi e decurtazioni varie la storia dei rapporti fra lo Stato e i suoi dipendenti a partire dal 1990. Praticamente sulle spalle del personale da allora è stata attutata in media una misura di risparmio all'anno. E questo indipendentemente da quale fosse la maggioranza in governo e da quale fosse il credo di fondo di chi ha diretto di volta il volta il Dipartimento finanze ed economia. Ecco un elenco delle misure adottate:
•    7 mancate compensazioni del rincaro;
•    3 blocchi degli scatti d'anzianità;
•    4 contributi salariali di risanamento;
•    1 taglio sugli stipendi iniziali e dei supplenti.
A queste misure si aggiungono tutte quelle adottate negli ultimi vent'anni e mirate al risanamento della cassa pensione dei dipendenti dello Stato (in tutto 6 misure fra aumenti dei premi e riduzioni delle rendite) e ulteriori 6 misure che hanno comportato un peggioramento delle condizioni di lavoro senza incidere direttamente sul portamonete dei dipendenti (come l'aumento delle ore di lezione per i docenti). Tutto questo fa dire alla Vpod che gli statali ticinesi sono i peggio trattati di tutta la Svizzera.

Pubblicato il 

12.10.12

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