Una votazione «inutile». Non fosse per l'esercizio di democrazia sindacale, domandare ai muratori se accettano la trentina di franchi di aumento per il 2011 proposti dal padronato otterrà, almeno in Ticino, una risposta «bulgara»: un No al 99 per cento. Non bisogna possedere particolari doti da veggenti per arrivare a questa previsione. Lo abbiamo voluto ugualmente verificare accompagnando lo scorso lunedì Luca Bondini, funzionario sindacale Unia, nel suo giro tra i cantieri per lo scrutinio.  

Una votazione decisa a livello nazionale dall'assemblea dello scorso sabato dei delegati edili affiliati al sindacato Unia. Il parlamento dei muratori, dopo l'arenarsi delle trattative col padronato, ha deciso di promuovere nei cantieri nazionali uno scrutinio sulla proposta padronale dell'aumento dello 0,6 per cento generale e di uno 0,4 al merito. L'aumento generale corrisponde a 26 franchi per i senza qualifica, a 32 per i più qualificati. La percentuale al merito è talmente aleatoria e difficile da verificare per cui non viene neanche considerata. La domanda è semplice: «Accetti l'offerta degli impresari ? Si oppure No, voglio nuove trattative ».
Un'offerta considerata dai diretti interessati, nei migliori dei casi, un'offesa. «Potevano evitare di fare una simile proposta. Per tanto così, meglio non dare niente. Anzi, digli pure che 50 franchi glieli dò io agli impresari, se proprio non ce la fanno a arrivare a fine mese» commenta sarcastico un operaio. Da parte padronale si sostiene di aver concesso tre volte in più del carovita, che nel mese di riferimento di settembre era stimato allo 0,3 per cento. Gli edili, notoriamente persone pratiche e poco incline all'astrazione statistica, si limitano a constatare che gli importi dei loro premi assicurazione malattia lieviteranno ben più della proposta padronale. Checché ne dica il carovita. Una spiegazione tecnica è di rigore: i premi di cassa malati sono considerati solo in minima parte nel calcolo del carovita. La statistica non è una scienza neutra ma risponde a quanto la politica chiede.  
Tornando all'offerta padronale di aumento, il muratore non ha bisogno degli indicatori economici per capire che l'edilizia gode di ottima congiuntura. Lavoro ce n'è fin troppo. «Ormai interessa solo la quantità e la velocità. La qualità non interessa più nessuno. Chiudere un cantiere per correre ad aprire un altro, dove dicono che siamo già in ritardo ancor prima di iniziare» racconta un capocantiere.
Arriviamo in un cantiere di quattro appartamenti lussuosi quasi ultimati. Il complesso, edificato a gradini per meglio sfruttare gli indici di costruzione, gode di una vista imprendibile quanto splendida sul golfo luganese. Su ogni terrazza giardino si stanno completando gli scavi per la posa di jacuzzi e piscine personalizzate dove i facoltosi residenti potranno nelle notti estive sorseggiare champagne rischiarati dalla luce lunare. Dai due ai tre milioni di franchi, il prezzo di vendita per appartamento. Discutere di quei 26 franchi di aumento offerti dagli impresari diventa quasi imbarazzante.
Proseguiamo la visita dei cantieri. Alla pausa pranzo siamo nelle baracche della nuova galleria Vedeggio-Cassarate. Dopo le rituali domande al sindacalista Bondini relative a pratiche personali degli operai (dal cambio cassa malati alla modifica di statuto professionale), si passa alla votazione sull'aumento. Nella pur remota eventualità che anche dei bimbi possano leggere queste righe, veniamo meno al dovere di cronaca evitando di trascrivere nel dettaglio i commenti "coloriti" con cui viene accolta la proposta padronale.
Possiamo però riferire di aver sentito un operaio annunciare pubblicamente, come nel suo diritto, di votare «Sì all'offerta degli impresari». Semplicemente perché convinto «che tanto i padroni fanno quel che vogliono». Qualcuno gli ricorda che è senz'altro vero nella maggioranza dei casi, ma a volte qualcosa si è riuscito a ottenere, si veda il prepensionamento anticipato. Non cambia idea e voterà «Sì», evitando così allo scrutinio di uscire con un risultato addirittura superiore alle aspettative bulgare.

«Una dichiarazione di guerra»

Dario Cadenazzi, oltre che responsabile dell' edilizia per Unia Ticino, è membro della direzione nazionale di settore del sindacato. In questa veste, lei partecipa direttamente alle trattative con gli impresari. Cadenazzi, la controparte ammette l'ottima congiuntura, ma sostiene che si fanno pochi guadagni.
Un lavoratore fa fatica a capire cosa centrino i mancati guadagni degli impresari col suo aumento. L'operaio constata che lavora di più e in condizioni peggiori. Un aumento di produttività che si traduce in ore supplementari, in maggiori rischi d'infortunio e di ammalarsi. E al tempo stesso non riceve l'aumento, con la scusante che non ci sono guadagni. Un fatto che riguarda il padronato, non loro.
Quale spiegazione si è dato del rifiuto degli impresari nel concedere un aumento ragionevole?
È una posizione ideologica. Il loro presidente Werner Messmer lo ha detto pubblicamente: «Siamo stufi di trattare gli aumenti coi sindacati». Un atteggiamento inaccettabile; una dichiarazione di guerra sulla quale non possiamo non replicare in modo deciso. Temo che sia anche da considerarsi una prova di forza in vista del rinnovo contrattuale nazionale del prossimo anno.
Perché indire una votazione sull'offerta padronale se il risultato è abbastanza prevedibile?
L'idea è di poter informare tutti gli edili del paese di come stanno andando le cose, inserendosi in un percorso di democrazia sindacale. È anche uno strumento per mettere la pressione necessaria affinché si torni a trattare. In caso contrario, stando alla situazione attuale, ci prepariamo alla battaglia.
Il contratto cantonale ticinese scade quest'anno. Come vanno le trattative cantonali?
Sul piano nazionale si vorrebbe ridurre le zone salariali da tre a due. Il Ticino rientra principalmente nella terza, la più bassa. L'idea è di parificare i salari minimi delle tre zone, alzando progressivamente quelli della zona più bassa. Gli impresari ticinesi si oppongono e pretendono che i sindacati si adeguino alla loro posizione. Altrimenti, la Ssic Ticino dice di voler far "saltare" il contratto cantonale. Un ricatto folle, suicida anche per gli impresari, in una zona di frontiera come la nostra dove il contratto tutela lavoratori e aziende.

Pubblicato il 

03.12.10

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