Sono in molti, tra sociologi e politologi, a costatare anche dalle nostre latitudini un progressivo, quanto preoccupante, degrado dei rapporti collettivi. Sta venendo meno, a vari livelli nella nostra società, il senso d'appartenenza a una realtà comune, per la cui costruzione è indispensabile l'apporto di tutti e di ognuno di noi. Individualismo, indifferenza e cinismo stanno sbriciolando le fondamenta di quei valori condivisi che hanno fornito lustro ad un Cantone e ad un Paese, ai quali nonostante tutte le contraddizioni insite ad un sistema federalista e democratico in tanti continuano a guardare con invidia ed ammirazione. Il paradosso (e anche questo, a mio avviso, è indice di un graduale sgretolamento della coesione sociale) è che spesso non ci rendiamo conto degli aspetti positivi di Ticino e Svizzera, preferendo forse nostro malgrado mettere in rilievo quanto sembra non funzionare nel dovuto modo, quel che fa nascere il sospetto dell'imbroglio e dell'intrigo, quanto puzza di abuso ed arbitrarietà.
La capacità di analisi delle condizioni di vita che abbiamo, nonché la prospettiva da cui osserviamo, sono la classica cartina di tornasole sul nostro sentire ed agire: vediamo anzitutto la bottiglia mezza piena oppure la riteniamo, in primo luogo, mezza vuota? Sappiamo porre l'accento sui successi oppure sui fallimenti, sia a livello individuale che collettivo? Riconosciamo il bene per la sua generosità e disinteresse, a favore soprattutto delle categorie sociali più in difficoltà, oppure consideriamo la filantropia un modo subdolo d'influire sulle decisioni sociali e politiche? Rileviamo di preferenza lo scandalo o sappiamo adottare un metro di giudizio equilibrato e costruttivo?
A rigor del vero, l'aumento delle tensioni all'interno della nostra società (cantonale e nazionale), come pure la tendenza ad "americanizzare" o "italianizzare" il discorso pubblico (ma a cominciare dalla maniera d'impostare le relazioni interpersonali: si pensi, ad esempio, alla sconsolante incapacità di tanti ragazzi o adulti ad essere fedeli a parenti o amici, nonché ad assumere atteggiamenti corretti e rispettosi dell'altro), l'ascesi di movimenti come il leghismo discriminante e xenofobo o il blocherismo ricattatore, sono indici di un cambiamento di mentalità e di comportamento (privato e sociale) che dovrebbero farci riflettere. Il tutto parte dal singolo e dal suo modo di atteggiarsi nei confronti dei propri simili e di considerare il proprio ruolo collettivo. E se la riflessione non basta, credo che sia necessario imparare a reagire e, ancor più, a contrastare simili fenomeni. L'elogio dell'insulto, della denigrazione e dell'insinuazione, l'uso indiscriminato della denuncia, della volgarità e della bestemmia, la ridicolizzazione dell'altro (affrontato sovente come un nemico da annientare), l'esaltazione del cattivo gusto e della violenza, la mancanza di paletti chiari per il confronto delle idee e delle opinioni, il sopruso e l'inganno sono solo alcune espressioni di una pericolosa caduta di stile, di cui tutti siamo insieme vittime e colpevoli. Il Vangelo insegna, però, che "chi semina vento, raccoglie tempesta"! 

Pubblicato il 

30.05.08

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