Giovedì 13 ottobre sarà probabilmente ricordato come il giorno in cui il Consiglio federale elvetico ha varato l'operazione finanziaria più ingente della sua storia, mentre questo mercoledì ha annunciato di essere pronto a «garantire nuove passività» bancarie. Allo schock suscitato dalla drammatica situazione finanziaria di Ubs, che ha evitato il tracollo grazie ad un prestito di 6 miliardi di franchi da parte della Confederazione e di altri 62 miliardi da parte della sua banca centrale, è seguita l'indignazione – anche dei media più conservatori – per la politica salariale del colosso bancario. Poche ore dopo l'annuncio del piano di emergenza dell'autorità Peter Kurer, il presidente del consiglio di amministrazione di Ubs che ha sostituito Marcel Ospel (che ha intascato 44 milioni di franchi fino alla sua uscita forzata di scena nella scorsa primavera), annunciava tuttavia che non era intenzionato di rivedere i bonus milionari a due cifre concessi ad alcuni top manager della banca. Per poi ricredersi poco dopo a causa delle rimostranze del Consiglio federale.
Al governo sono però piovute le critiche, soprattutto da sinistra, per non aver voluto da una parte entrare nel capitale della banca – e poter così esercitare il proprio ruolo di azionista – e dall'altra per non aver posto delle condizioni al salvataggio. Come ad esempio sulla politica di remunerazione del colosso bancario. Il tracollo di Ubs ha perlomeno rilanciato la discussione sui salari dei top manager che la maggioranza politica del nostro paese non ha in realtà mai voluto affrontare.
Il Consiglio federale ha replicato alle accuse annunciando l'intenzione di voler lasciar legiferare il Parlamento su una norma che dovrebbe dare maggiore potere agli azionisti di tutte le società quotate, e non solo Ubs, che potranno secondo le intenzioni dell'esecutivo pronunciarsi sull'ammontare globale dei salari. «Un lieto annuncio, che finalmente accelera il lento processo di trasparenza su questi salari – ci spiega nell'intervista che segue Dominique Biedermann, il direttore del fondo Ethos che da anni si batte per una buona conduzione d'impresa e contro questi salari –. Ma che non è di per sé sufficiente».

Dominique Biedermann, Ethos ha accolto positivamente l'annuncio del Consiglio federale di voler lasciar legiferare il Parlamento in materia di salari delle società svizzere quotate in borsa. In particolar modo si è parlato dell'ammontare globale degli stipendi nei consigli di amministrazione (Cda). È una misura sufficiente per mettere un limite ai salari esorbitanti dei top manager?
Non si conoscono ancora i particolari della proposta governativa, finora le informazioni sono troppo generiche. Si sta finalmente andando verso la buona direzione. Tuttavia a nostro avviso parlare solo, come si è fatto inizialmente, dell'ammontare globale degli stipendi dei membri del Cda non è affatto sufficiente.
Per quale motivo?
I salari più esorbitanti non si trovano solo a livello dei Cda, ma soprattutto nella direzione esecutiva (in un comunicato stampa mercoledì il Consiglio federale ha annunciato di voler includere anche gli stipendi dei manager, tuttavia sotto la supervisione della Commissione federale delle banche e non di norme parlamentari, ndr). La politica di remunerazione va chiarita su tutti i livelli.
Ethos ripete da anni che bisogna dare maggiori diritti agli azionisti in materia di politica salariale delle imprese. Ma voi credete davvero che gli azionisti sono interessati a pronunciarsi su questo argomento?
Sì, ne sono assolutamente convinto. Per tre ragioni almeno: l'ammontare di questi salari toglie respiro all'azienda, ma riduce anche i dividendi degli azionisti. Oltre a ciò va sottolineato che una politica salariale scriteriata può incitare dei comportamenti manageriali che vanno contro gli interessi di lungo termine di un'azienda e possono portare a situazioni catastrofiche. Infine una cattiva gestione della politica di remunerazione può provocare dei danni enormi di immagine e di reputazione per un'azienda, che poi si espandono su tutta la società.
Si sta riferendo ad Ubs?
È innegabile che presso Ubs ci sono stati degli incitamenti finanziari che hanno condotto manager e impiegati a tutti i livelli ad avere dei comportamenti che non sono andati nell'interesse di una sana governance (gestione di azienda, ndr). Sono stati presi degli enormi rischi, ora li sta pagando tutta la collettività.
Ethos in passato si è riferita spesso in modo esemplare al diritto azionario nei paesi anglosassoni. Per rapporto alla Svizzera questi diritti sono infatti molto più evoluti. Eppure la crisi finanziaria c'è stata eccome anche in Inghilterra…
La crisi finanziaria ha diverse cause. Io credo fermamente che la cattiva gestione d'impresa e anche la cattiva gestione della politica salariale abbia avuto un influsso molto importante su questo crack. C'è un altro tassello importante però: i mercati finanziari seguono delle logiche che vanno al di là delle ragioni dell'economia reale. La finanza globale va regolamentata a livello internazionale e dobbiamo davvero sperare che questa sia la volta buona.
Ethos gestisce i fondi di diverse casse pensioni pubbliche e dichiara di farlo con una visione di investimento a lungo termine. Eppure questo sforzo non vi ha messo al riparo dal crack finanziario…
Tutti gli investitori stanno soffrendo della volatilità dei mercati di questi ultimi mesi. Ha ragione, il nostro approccio di una visione di sviluppo sostenibile e duraturo non ha protetto il nostro portafoglio azionario.
Per quale motivo?
La crisi finanziaria non è solo una crisi bancaria e assicurativa. Si è riversata su aziende industriali e sui loro titoli azionari che nulla hanno a che vedere con l'origine di questa crisi. Questo è il mercato che ci siamo creati.
Ethos è azionista di Ubs. In passato avete fatto sentire vostra voce durante l'assemblea generale degli azionisti e in particolar modo in quella straordinaria sulla ricapitazzazione del colosso bancario elvetico. Come valutate il soccorso a Ubs da parte dello Stato e della sua banca centrale?
Purtroppo l'intervento era necessario per permettere la sopravvivenza dell'istituto bancario e soprattutto per non destabilizzare l'intero sistema economico elvetico. Il piano di soccorso è stato studiato con dovizia di particolari. Tuttavia a nostro avviso la Confederazione avrebbe dovuto perlomeno porre delle condizioni chiare sulle remunerazioni future in Ubs. Al momento si è rimasti alla finestra a vedere da che parte tira il vento.
Quali sono le proposte di Ethos in materia di salari dei top manager?
Nel codice delle obbligazioni va inserita una norma che sancisca il diritto dell'azionista di pronunciarsi su qualsiasi politica di remunerazione in azioni e opzioni. Inoltre gli azionisti devono poter votare a fine anno su un esauriente e trasparente rapporto di remunerazione.

Pubblicato il 

07.11.08

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