Il fenomeno Freegan

Un tuffo nel cassonetto dell’immondizia. Morti di fame? No, è una questione di principio perché nei sacchi dei rifiuti, riempiti con le eccedenze dei supermercati, si trovano enormi quantità di cibo commestibile. Qui si sperpera che è un lamento e poi non parliamo di fame nel mondo. Così quando scende la notte c’è chi libera ortaggi, frutti, latticini, biscotti e marmellate, restituendogli la dignità d’essere mangiati. Il movimento si chiama “Freegan”, è un fenomeno mondiale che è presente anche in Svizzera, Ticino compreso, come dimostra il lavoro di ricerca di Valentina Bosia, di Stabio.


Non hanno la puzza sotto il naso, i Robin Hood della mela, del pomodoro, del rigatone e della crema ai frutti di bosco, che infilano le mani nella spazzatura per recuperare prodotti altrimenti destinati al macero. Ma chi sono questi freegan e in nome di che cosa agiscono?
Abbiamo girato le domande a Valentina Bosia, che delle abitudini alimentari, dello stile di vita di chi si nutre degli scarti di cibo, delle ragioni ideologiche ed economiche alla base della scelta, ha fatto l’oggetto del suo studio. Con lo sguardo focalizzato sulla realtà locale e nazionale.


Valentina, davvero in Svizzera c’è chi si tuffa nei container alla ricerca di cibo?
Sì, il fenomeno, ancora poco conosciuto, è diffuso trasversalmente in tutto il paese. È arduo quantificarlo in assenza di dati ufficiali. Possiamo approssimativamente stimare 500 persone. Del resto il mio lavoro si è basato su un’intervista sociologica qualitativa, e quindi non rappresentativa a livello statistico. Ho sentito 40 freegan: 10 in Ticino, 15 nella parte germanofona e 15 francofoni.


Immaginiamo che non sia per ragioni di fame: qual è la spinta alla base della pratica?
Lo suggerisce la parola free, libertà di cui si compone il sostantivo. Libertà all’interno di uno stile alimentare che non prevede l’acquisto nei negozi della grande distribuzione per questioni etiche e politiche. Il freegano puro è un “mangiatore di scarti” in un contesto di critica ai sistemi consumistici e capitalistici, accusati di essere i principali responsabili della nascita e del mantenimento della società dello spreco.. Ci sono anche ragioni economiche come nel caso degli studenti. In Ticino ho incontrato anche una madre che ha adottato questa abitudine: grazie al risparmio fatto sulla spesa, può permettersi di non dover lavorare a tempo pieno e seguire meglio la propria figlia.


Lo spreco è tale da permettere l’approvvigionamento di centinaia di persone? .
Altroché, si sprecano tonnellate di generi alimentari commestibili (vedi box) solo perché un ortaggio è considerato fuori misura o non raggiunge determinati standard estetici. Stesso discorso se la maturazione del frutto è giudicata precoce o tardiva. Per non parlare del pane, dei prodotti di giornata invenduti o delle confezioni danneggiate che finiscono dritte nel cassonetto. A volte il ciclo vitale di un prodotto finisce all’inceneritore per la mancanza di dimestichezza, o ignoranza, dei consumatori. Faccio un esempio: i cachi. A nord delle Alpi sono giunti in tempi recenti: mancando della conoscenza del frutto, quando è nel pieno della sua maturazione e quindi nell’esplosione della sua bontà, viene scartato perché ritenuto troppo molle.


Dalla sua ricerca è emerso il profilo del rovistatore di rifiuti elvetico?
Lo scopo del mio lavoro era indagare le pratiche dei freegan svizzeri. Il freegan per definizione cerca di nutrirsi il più possibile con gli scarti alimentari. Quello elvetico è divisibile in tre gruppi. Il primo è “studenti in erba”, coloro i quali possono essere descritti come i freegan iniziati da poco, venuti a conoscenza della pratica da altri giovani con cui vivono. Gli studenti, non avendo una rendita diretta, si trovano in una condizione economica fragile. Lo stile di vita freegan rappresenta un pratico modo di massimizzare le potenzialità delle proprie entrate. I secondi sono gli “insubordinati”: persone che decidono di partecipare il meno possibile alle dinamiche della società, che percepiscono come iniqua e opprimente. Spesso vivono ai margini della comunità, sebbene molti di loro restino inseriti in misura variabile allʼinterno del sistema economico. Infine, troviamo gli “idealisti”, che rappresentano la categoria più consapevole, meglio informata e con senso critico più pertinente. Gli idealisti espandono la loro presa di coscienza delle problematiche del sistema economico, non riducendole solo alla sfera dell’alimentazione ma anche ad altri settori. Si tratta di persone ben informate e aggiornate, con uno spiccato interesse verso l’ecologia. Affiancano al dumpester diving (il recupero appunto dei rifiuti ancora utilizzabili), l’attitudine al consumo consapevole e allʼautoproduzione, nella speranza di influenzare positivamente il mercato.

 

In concreto come agisce un freevegan?
Cerca gli scarti alimentari nei grandi mercati di ortofrutticoli o nei supermercati che eseguono lo stoccaggio dei rifiuti alimentari tramite container o i rimorchi di camion. I container sono normal-
mente di medie dimensioni con una capacità di circa milleduecento litri e hanno il coperchio facilmente sollevabile: lo si alza e ci si tuffa dentro! Nei rimorchi è un po’ più semplice l’accesso.


L’idea di prendere cibo dalla spazzatura resta un tabù...
La gente, se vedesse, rimarrebbe meravigliata. Gli scarti vengono suddivisi con cura, separati fra loro, collocati in sacchetti puliti, il che rende meno comprensibile lo spreco. Trovo invece affascinante il tabù che il cibo gettato rappresenta, nell’immaginario collettivo. Un cibo che evoca l’immagine dello sporco, del degradato e pericoloso, ciò che non sempre corrisponde al vero. Gli alimenti non subiscono grandi trasformazioni quando passano dai ripiani del supermercato ai cassonetti dello stesso: il cambiamento è soprattutto nella percezione psicologica che se ne ha.


Come entra in azione un dumster diving?
Di solito ci si muove in gruppi di due e si è in contatto con una rete più estesa anche per barattare la merce. Una volta aperti i container, ci si getta nei cassonetti che sono generalmente di grandi dimensioni, e si ispeziona meticolosamente il contenuto. Come norma generale i sacchi non vengono rotti, né sparsi in giro per evitare che il personale del negozio si insospettisca e chiuda l’accesso. Occorre agire con discrezione, ordine, moderazione, buonsenso e una cura particolare della la pulizia per evitare intossicazioni alimentari. Si prende il sacco e lo si porta a casa per controllarlo con calma: una volta aperto si lava ogni singolo prodotto prima di riporlo in dispensa.


Ci possono essere conseguenze legali?
Teoricamente sì, il recupero del cibo aprendo il rimorchio può causare problemi dal punto di vista legale: si tratta di violazione della proprietà privata. Attorno ai supermercati gli agenti di sicurezza privata controllano il perimetro per proteggersi da furti e vandalismi ed è già successo che abbiano colto in flagrante un freegan. La prassi impone loro di chiamare la polizia. L’arrivo di una pattuglia rappresenta una seccatura per i vigilanti, ragione per cui spesso tendono a scacciare i freegan, intimando di non farsi più vedere.
La voglia di curiosare in un cassonetto è venuta anche a noi. Non lo faremo solo per questione d’età e mancanza d’agilità.

Pubblicato il 

12.03.14

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