Quasi 13 mila assicurati sospesi, 6'120 fatture scoperte corrispondenti ad una fattura salata da 5,3 milioni di franchi (come è stato rivelato ad area) pendente nei conti dell'Ente ospedaliero cantonale. Questa è la preoccupante fotografia del fenomeno degli assicurati insolventi nel Canton Ticino. Una matassa, quella dell'abolizione della copertura assicurativa delle cure per coloro che non hanno saldato tutti i conti,  di cui non è ancora stato trovato un filo e che il tempo sta contribuendo ad ingarbugliare ulteriormente. Il pasticciaccio è sorto dopo che nel 2006 le Camere federali hanno dato il via libera agli assicuratori malattia che invocavano - allora - a gran voce la fine delle prestazioni per i morosi. Una richiesta accolta e rimbalzata come un boomerang sugli scranni di governi e parlamenti cantonali.
Ad oggi, ha reso noto l'associazione degli ospedali svizzeri H+, circa 150 mila persone non pagano i premi di cassa malattia in Svizzera. Le prestazioni di prima necessità, che lo Stato non può negare, hanno generato un buco di 74 milioni di franchi nelle casse ospedaliere. Soprattutto di ospedali pubblici. Un saldo importante, ma che rischia di rappresentare solo la punta di una spada di damocle che pesa come un macigno sulle finanze di quei cantoni, Ticino compreso, che hanno deciso di restare "sul chi vive" in attesa di una soluzione proposta dalla Confederazione (e incrociando le dita per la buona salute degli insolventi).  In Ticino, dopo un movimentato ritorno sui banchi, il parlamento aveva infine trovato un accordo l'autunno scorso su un decreto legislativo per far fronte alla situazione. La misura, che nella volontà del legislatore  è transitoria, dovrebbe essere oggetto di una valutazione a fine 2008. Bisogna tirare le fila insomma, e la situazione non è certo rosea.
Quale è lo stato delle cose e come si è evoluto il fenomeno degli assicurati sospesi? Come è stato implementato il decreto legislativo votato dal parlamento? Quali sono le prospettive? Domande che abbiamo girato a Bruno Cereghetti, il capo dell'Ufficio dell'assicurazione malattia a cui è stato affidato il difficile compito di gestire la fase transitoria, ma anche a coloro – in prima linea gli operatori sociali – che devono raccapezzarsi  nella matassa di cure non più garantite agli utenti sospesi dalla propria cassa malattia.

Bruno Cereghetti come procede la messa in pratica del decreto legislativo votato il settembre scorso sul problema degli assicurati insolventi?
Siamo ancora in fase di implementazione e agiamo su una realtà parecchio complessa e soprattutto su grandi numeri. Dobbiamo trovare una soluzione per 13mila persone. Bisogna mettere in cantiere un processo amministrativo di grandi dimensioni. Non si può pretendere di risolvere tutto in tempo reale e di normalizzare la situazione in così poco tempo. Siamo in piena operatività.
Quali sono le misure messe in pratica in questa fase transitoria?
Se una persona ha un grosso scoperto ed è stata presa a carico da un assistente sociale nella stragrande maggioranza dei casi questa persona non è in grado di far fronte ai propri impegni. In questa eventualità abbiamo deciso di introdurre la figura del "garante sociale": cioè una figura (minore ai sensi del diritto per rapporto ad un curatore o tutore, ndr) che si impegna a pagare i premi dell'assicurato insolvente. Si tratta di un patto che viene fatto con l'amministrazione da un garante sociale, un curatore o un tutore. In questo caso il cantone interviene a pagare i premi, le partecipazioni, gli interessi di mora e tutti i crediti passati per favorire la reintegrazione della persona in assistenza. È chiaro che anche gli assistenti sociali devono farsi parte attiva e proattiva di questa nuova misura (si veda anche l'articolo sotto, ndr). Il cantone è cosciente della pericolosità della situazione e vogliamo favorire il rientro dell'assicurato sospeso. È chiaro che dobbiamo avere la certezza che ci sia qualcuno che si occupi del caso. Non vogliamo aprire una linea di credito diretta con i soldi pubblici per un cittadino inadempiente.
Quanti sono i casi risolti grazie ai garanti sociali fino a questo momento?
Siamo riusciti a reintegrare almeno 250 persone seguite da un curatore, un tutore o un garante sociale. Se una persona è incapace di dare seguito alle proprie incombenze e necessita di un garante il Cantone si adopera per normalizzare la situazione. Ci impegniamo in prima linea e andiamo dall'assicuratore per risolvere la questione creditizia. Devo però dire con rammarico che troviamo anche pretese di assicuratori che non sono sempre totalmente corrette.
D'accordo avete risolto 250 casi, però la cifra degli assicurati insolventi è cresciuta vertiginosamente in un solo anno e oggi sfioriamo quota 13mila. Non è una goccia nel mare?
Guardi sono 250 casi importanti. L'anno scorso abbiamo condotto uno studio sociologico sugli assicurati insolventi, ora ne stiamo terminando uno più specifico sull'aspetto finanziario del fenomeno. Risulta che la massima parte sono persone sane, che stanno sul territorio. Su di loro pende però una spada di damocle: non si fanno vivi e non si preoccupano delle conseguenze di una malattia o di un infortunio. Si tratta di un triste fatalismo. Detto ciò va chiarito che la popolazione adulta sospesa (i minorenni sono presi a carico automaticamente, ndr) che attualmente necessita di cure è ridotto: solo il 3,8 per cento dei 13 mila sospesi è in una situazione di malattia. Vede questi casi che abbiamo reintegrato fanno parte di questa percentuale più bisognosa che ha problemi gravi, sia di malattia fisica che psichica. 
Se solo una percentuale ridotta è in stato di bisogno, perché malato o non in grado di gestirsi, cosa fare per la grande maggioranza che vive – come ci ha detto lei – in maniera "fatalista"?
Il 96,2 per cento vive una vita sana. L'identikit dell'assicurato sospeso è "uomo adulto con una media 42 anni, in salute". Ma cosa succederà in futuro? Il problema esploderà fortissimamente se non si troverà una soluzione. A quel momento ci sarà una voragine, non uno scoperto. Le faccio un parallelismo: oggi stiamo vivendo l'effetto del baby boom degli anni Sessanta che oggi arrivano a 50 anni. Se la situazione non muterà per coloro che hanno le prestazioni sospese in futuro vivremo i "sospesi boom". Chi è sospeso e non è in grado di pagare oggi gli arretrati non rientrerà più nel sistema: chi glielo fa fare di pagare i premi correnti se resta in ogni caso sospeso? La reintegrazione, così come votata dalle Camere federali, avviene solo se sono stati pagati tutti gli scoperti (premi malattia, partecipazioni, interessi di mora eccetera, ndr). Ci vuole una soluzione globale e non locale.
Se la stragrande maggioranza è giovane e sana e "spensierata" allora perché lo Stato dovrebbe intervenire se hanno deciso di non pagare i premi?
Guardi qua bisogna davvero sfatare un mito: lo studio che stiamo conducendo mostra chiaramente che si tratta di persone che sono al limite della povertà. Basti pensare che se così non fosse una volta iniziata la procedura di incasso forzato (che le casse malattia sono tenute per legge ad avviare, ndr) a queste persone verrebbe pignorato il salario e l'assicuratore incasserebbe il dovuto, reintegrando così l'assicurato. Il nucleo duro degli assicurati sospesi consiste in persone con bassissime entrate che si vedono in grosse difficoltà per la gestione delle fatture. Vede il fatalismo subentra perché viene pagato prima tutto ciò che è urgente. La percezione immediata ti fa pagare l'affitto, se no ti buttano fuori di casa. La malattia è rimandata finché non la si vive sulla propria pelle.
Attualmente lo scoperto presso l'Ente ospedaliero cantonale ammonta a 5,3 milioni di franchi. Una bella somma. Non siete preoccupati?
È una somma importante, ma che è garantita dallo Stato che ha deciso di intervenire facendosi carico di tutte quelle persone bisognose che necessitano di cure di prime necessità. Lo sta facendo in due modi: o pagando direttamente il fornitore di prestazioni nel caso di cure di prima necessità, se subentrano malattie gravi il Cantone interviene facendo reintegrare il sospeso.
Ci sono cantoni che hanno scelto una via diversa dal Ticino. Ad esempio i cantoni romandi e Basilea città hanno deciso di tagliare la testa al toro pagando i premi in arretrato. Non è una soluzione migliore di quella adottata in Ticino?
Questi cantoni hanno siglato una convenzione con gli assicuratori malattia: le casse avviano un procedura esecutiva nel caso di mancato pagamento dei premi. Se la procedura esecutiva sfocia in un attestato di carenza beni – cioè la persona non è in grado di pagare – allora il cantone interviene sborsando il dovuto. Il patto è quindi che gli assicuratori non sospendano più; i frutti di questa pratica sono buoni: non ci sono quasi più assicurati sospesi. Tuttavia ci sono anche delle fragilità in questo sistema: un assicuratore può ritirarsi dal sistema, come è già successo in Romandia, e decidere secondo la legislazione federale di sospendere il malato. Inoltre questa convenzione è anche molto costosa. Sul piano federale non ha comunque futuro, si è alla ricerca di una soluzione diversa.
L'impressione è che il cantone Ticino non investe in attesa di una soluzione che dovrebbe venire da Berna. Nel caso in cui questo accordo non fosse trovato alcuni cantoni, il nostro compreso, si troveranno con una bomba ad orologeria fra le mani. È d'accordo?
Sì, è vero. Molti cantoni sono in attesa di una soluzione a livello federale. È anche vero che i sospesi che oggi hanno in media  42 anni in futuro incontreranno problemi di salute generando enormi costi allo Stato. Tuttavia oggi sono gli assicuratori stessi ad essere scontenti della situazione: gli assicurati sospesi restano clienti delle casse malattia che devono notificare per legge i nuovi premi e per legge avviare una costosa procedura esecutiva che nessuno rifonderà. Ora gli assicuratori che chiedevano la sospensione a gran voce si stanno rendendo conto che il regalo è stato avvelenato e credo che sono più disposti di prima a trovare una soluzione al problema.

L'emergenza è continua
Gli operatori sociali lanciano l'allarme: la situazione si deteriora

«È vero, rispetto ad un anno fa sono stati fatti dei passi avanti da un punto di vista del ventaglio degli interventi, ma le assicuro che il lavoro sul campo è sempre drammatico e non vedo soluzioni a corto termine. È aumentata ancora una volta la burocrazia e diminuito il tempo per il lavoro sul campo». È in sostanza questo il parere di molti operatori sociali contattati da area che devono far fronte quotidianamente all'emergenza degli assicurati sospesi dall'assicurazione malattia. Un'operatrice del Sottoceneri ci confida che è vero che molti suoi utenti non hanno malattie gravi «ma è una lotta continua quella di trovare una soluzione medica per queste persone che possono ricevere solo cure di prime necessità». Così una malattia che non è cronica lo può diventare, come è successo, perché non è più possibile accedere alle medicine ci spiega l'assistente sociale.
«Vede noi possiamo contare in sostanza sugli ospedali pubblici – ci confida l'operatrice –, mentre coi privati è sempre difficoltoso trattare perché per loro la perdita finanziaria è diretta (il Cantone ha tuttavia introdotto con il decreto legislativo  un sistema di rimborso per le cure di prima necessità anche per i privati, ndr). Dobbiamo in sostanza contare sulla loro buona volontà».
Ma non è cambiato nulla con la soluzione del garante sociale proposta dall'amministrazione (si veda l'intervista sopra)?
«Diciamo che abbiamo una possibilità in più – risponde l'operatrice –. Tuttavia la quota di reammissioni nelle casse malattia (250 su 13mila  sospesi, ndr) credo che non abbia bisogno di ulteriori commenti. È facile dirci di essere più attivi. Ma non così facile trovare un garante che si faccia carico di pagare i premi malattia dell'insolvente. I miei utenti sono persone che la società ha emarginato e che difficilmente ottengono nuovamente fiducia».
Intanto la quota degli insolventi cresce, da 8'500 del giugno scorso ai quasi 13 mila di oggi e la soluzione politica stenta ad arrivare.  

Pubblicato il 

05.09.08

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