“Spero che i tuoi cari siano al sicuro”. Finisce così l’sms di una mia collega: insieme stiamo organizzando le attività di sensibilizzazione dedicate all’accoglienza ai rifugiati, durante i concerti parigini degli U2.
Capisco subito che è successo qualcosa. Mi invade un terribile senso di déjà-vu, reminiscenza dell’attacco a Charlie Hebdo, in gennaio.


Rapidamente vengo a sapere che molte persone sono state uccise in attacchi coordinati a Parigi. Ceco di capire l’orrore.


Mi rendo conto che i rifugiati che AI cerca di proteggere subiranno delle conseguenze. Poche ore dopo i politici realizzano la mia lugubre profezia: alcuni parlano di migranti e rifugiati come “indesiderabili”, o dicono perfino che dovrebbero venir rinviati, nonostante i pericoli. Per le strade di Parigi, nei mezzi pubblici, la tensione è palpabile. Mi sento fragile, vulnerabile. Questo mi fa pensare ai rifugiati e alla loro vulnerabilità, ora destinata ad aumentare. Vulnerabili perché costretti alla fuga, in certi casi da pericoli inimmaginabili, per affrontare pericolosi viaggi alla ricerca della salvezza. Ancor più vulnerabili perché saranno sospettati di rappresentare essi stessi un pericolo.


Oggi più che mai è fondamentale spiegare alla gente perché bambini, donne e uomini arrivano alle nostre frontiere. Invece di perderci in discorsi e manifestazioni, dobbiamo semplicemente parlare della vita di queste persone.


Queste storie ci ricordano che cosa conta veramente adesso, desideri semplici che condividiamo tutti: poter passeggiare per strada tranquillamente, usare i mezzi pubblici senza preoccupazioni, vivere in sicurezza.
In questi tempi bui è essenziale osare, prendere posizione contro tutta questa paura e lanciare un semplice messaggio: i rifugiati sono proprio come noi. Anche loro vivevano una vita tranquilla, avevano una famiglia, una casa. Poi violenza e conflitto hanno trasformato la loro vita in un tema d’attualità, facendoli arrivare fino alle nostre frontiere. Oggi condividiamo lo stesso obiettivo: semplicemente vivere, al sicuro e in libertà.
Ora dobbiamo affrontare una doppia sfida: garantire la sicurezza della popolazione continuando ad accogliere molti altri rifugiati. È necessario mostrare come questi aspetti non si escludano a vicenda ma siano le due facce della stessa medaglia.


Per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di unità e solidarietà. Insieme possiamo mostrare agli allarmisti che stiamo dalla parte di tutti coloro che hanno sofferto a causa di una violenza irragionevole – e quindi anche dalla parte dei rifugiati.

Pubblicato il 

03.12.15
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