"Yes we can!". Sì, possiamo. Possiamo cambiare. Milioni di americani l'hanno pensato, l'hanno detto e l'hanno scritto mercoledì mattina. Gli Stati Uniti hanno deciso di voltare pagina. In pieno tracollo del mondo finanziario lasciato libero di depredare l'economia reale, gli americani hanno chiuso definitivamente quella lunga pagina di ultraliberismo avviata da Ronald Reagan e giunta fino a George Bush figlio. Hanno capito che la sudditanza dei poteri pubblici allo strapotere di chi controlla il mercato è la causa dei problemi economici e sociali di oggi. E che se negli ultimi trent'anni della ricchezza è stata prodotta con il lavoro di tutti, è nelle tasche di pochi che essa è andata a finire.
I cittadini degli Stati Uniti hanno eletto il loro nuovo presidente avendo come principale preoccupazione la situazione economica. E hanno preferito dare fiducia a Barack Obama, che vuole fare uscire il loro paese dalla crisi rimettendo qualche limite al libero mercato e dando qualche sicurezza sociale in più a chi oggi vive in una situazione di drammatica precarietà. Il grande bocciato è John McCain, fautore di una politica che ancora insiste con l'ultraliberismo e lascia ad ognuno il compito di arrangiarsi come può (e peggio per chi non può). È un cambiamento storico e attuato dal basso, nel segreto della cabina elettorale.
Il voto americano è una grande lezione anche per noi che viviamo e lavoriamo in Svizzera. Perché fra tre settimane avremo anche noi l'occasione per avviare un cambiamento storico nel nostro paese. Con la votazione sull'iniziativa per il pensionamento flessibile a partire dai 62 anni c'è infatti, e finalmente, la possibilità di tornare a rafforzare il nostro stato sociale, dopo decenni di attacchi e smantellamenti che hanno costretto le forze progressiste e i sindacati a lunghe battaglie difensive per salvare il salvabile. Se l'iniziativa sarà accettata, il 30 novembre potrebbe segnare una pesante sconfitta per i profeti e gli apostoli dell'ultraliberismo nostrano. Quelli che, sulle macerie fumanti dell'Ubs salvata solo grazie a 70 miliardi che appartengono a tutti noi, ancora sostengono che per un pensionamento flessibile equo e socialmente sostenibile non ci sarebbero i soldi. E non si vergognano nemmeno.
Oggi la nostra rabbia è tanta. Contro i manager che incassano i bonus e scappano. Contro il governo che dichiara una resa senza condizioni all'Ubs e si oppone al pensionamento flessibile. Contro chi ancora propaga vecchie ricette per impoverire i molti e arricchire i pochi. Per manifestare questa rabbia l'appuntamento è per il 15 novembre a Zurigo. Poi però potremo cominciare a costruire un futuro migliore e possibile. Votando sì all'iniziativa per un pensionamento flessibile il 30 novembre. Perché anche noi, nel segreto della cabina elettorale, possiamo cambiare. Yes we can!

Pubblicato il 

07.11.08

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