“Noi siamo tra i pochi che abbiano preso sul serio il fascismo, anche quando il fascismo sembrava fosse solamente una farsa sanguinosa, quando intorno al fascismo si ripetevano solo i luoghi comuni sulla "psicosi di guerra", quando tutti i partiti cercavano di addormentare la popolazione lavoratrice presentando il fascismo come un fenomeno superficiale, di brevissima durata.”
Discorso di Antonio Gramsci alla Camera, 16 maggio 1925.


L’omicidio Matteotti rappresenta il punto di svolta maggiore nella storia contemporanea italiana e non solo. Con esso, il movimento di Benito Mussolini incomincia a gettare definitivamente l’ipocrita maschera istituzionale che si era dato, assumendo esplicitamente le vesti della dittatura fascista.
Il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti pronuncia alla Camera il celebre discorso che rappresenta la sua condanna a morte: il deputato socialista sostiene l’illegittimità delle elezioni, denunciando la violenza delle squadracce fasciste.


Il suo brutale assassinio avvenuto una decina di giorni dopo può rappresentare, simbolicamente, l’essenza storica del fascismo: un movimento armato funzionale agli interessi delle classi dirigenti, nato in reazione allo sviluppo dei movimenti di massa della classe operaia.
Un detto mai ripetuto abbastanza afferma che la storia insegna, ma non ha scolari. Infatti, nel 2017, si è costretti una volta di più a rilevare l’ovvio: il fascismo non è un’opinione, è un crimine.
I fascisti non sono avversari politici con cui confrontarsi, ma nemici da combattere.


I recenti exploit della “nuova destra” vanno presi sul serio. Non perché essi costituiscano una minaccia grave e immediata, ma perché il dibattito generato attorno a loro ci dice molto sui tempi in cui viviamo.
I commenti idioti della destra nostrana, fatti di equidistanza e minimizzazione, non devono certo stupirci. Un ventennio di leghismi vari ha senz’altro contribuito allo sdoganamento culturale del fascismo.
Quello che dovrebbe farci riflettere è piuttosto l’evoluzione di chi dovrebbe rappresentare i lavoratori.
Oggi molti da sinistra sminuiscono la portata politica di tali fenomeni, riducendo il tutto all’imbecillità di qualche “hooligan”.


Eppure, come ci ricorda il compagno Olmo nel Novecento di Bertolucci, i fascisti non sono come i funghi, non spuntano in una notte, anche se dovessimo parlare solo di tre pirla a Lugano e due a Biasca.
Ieri il fascismo ha rappresentato il braccio armato del padronato in una situazione in cui il movimento operaio faceva paura. In seguito, stato sociale e diritti collettivi sono stati la concessione minima imposta dalla guerra fredda.


Oggi lo smantellamento delle conquiste sociali e la continua liberalizzazione costituiscono il terreno fertile per far proliferare i vari neofascismi. Non possiamo capire il Front National francese senza mettere in discussione la politica degli Hollande e dei Macron.
Oggi, senza un movimento operaio forte, non possiamo limitarci ai soliti luoghi comuni sulla bruttezza del razzismo implicito nel fascismo, ma è tempo di ricominciare ad attaccarne le cause profonde: le contraddizioni del capitale e la precarietà che esso produce.

Pubblicato il 

24.05.17
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