In linea con i numerosi interventi in materia di politica sociale a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, anche la Legge sull'assicurazione contro la disoccupazione (Ladi) in votazione il 26 settembre mira ad indebolire (per non dire a cancellare) il principio della solidarietà, che è per definizione l'elemento centrale e fondamentale di ogni assicurazione sociale degna di questo nome.
Dopo aver alimentato conflitti tra pensionati e salariati, sani e malati, giovani e anziani, abili e disabili con una lunga serie di controriforme in vari ambiti, con la quarta revisione della Ladi si mettono in concorrenza quelli che lavorano con quelli che il posto, non certo per colpa loro, lo hanno perduto. Basta leggere la propaganda del Consiglio federale, che nel suo tradizionale opuscolo di «spiegazioni», senza troppi giri di parole, tenta di ricattare tutti coloro che hanno un lavoro e un salario, cioè la stragrande maggioranza dei cittadini: «La revisione scongiura un aumento più consistente delle trattenute salariali», scrive il governo ricordando la sua discutibile decisione (strumentalmente annunciata dopo che la legge era stata approvata dal parlamento) di aumentare la trattenuta obbligatoria dal 2 al 2,5 per cento a partire dal 2011 qualora dalle urne uscisse un no ai drastici tagli alle prestazioni per i disoccupati. In questo caso, insiste, «i lavoratori si ritroverebbero con una busta paga più leggera».
Il messaggio del Consiglio federale è chiaro: se non si accettano le misure punitive nei confronti dei giovani (la categoria con il tasso di disoccupazione più elevato, vicino al 5 per cento) e degli ultra 55enni (coloro che, una volta perso il posto, più faticano a rientrare nel mondo del lavoro), saranno dolori per tutti i salariati. Approvando per contro la revisione della Ladi, «per la maggior parte degli assicurati la situazione resterebbe immutata».
Questo è vero: i disoccupati rappresentano tutto sommato una minoranza del paese. Ma una minoranza da cui nessuno può sentirsi escluso e che soprattutto non porta alcuna colpa per i problemi finanziari della cassa che il governo pretende di risolvere a suon di tagli.
Problemi che non sarebbero così gravi se nel 2003 il governo non avesse ceduto alle pressioni del padronato per ridurre dal 3 al 2 per cento i contributi salariali (privando l'assicurazione di due miliardi di franchi all'anno di entrate) e che ancora oggi si potrebbero risolvere chiamando per esempio alla cassa i manager e gli speculatori che con i loro abusi hanno affossato l'economia e prodotto i licenziamenti di massa. Con la revisione della Ladi verrebbero invece addirittura premiati, visto che continuerebbero a pagare contributi irrisori all'assicurazione disoccupazione.

Pubblicato il 

10.09.10

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