Secondo pilastro

È una visione «spaventosa» quella che viene offerta dal panorama delle casse pensioni svizzere. A dirlo è il presidente dell’Unione sindacale svizzera (Uss), Paul Rechsteiner, riferendosi in particolare alla condizione in cui verranno a trovarsi tra pochi anni i lavoratori ormai prossimi al pensionamento. A causa dei tassi di conversione sempre più bassi per le prestazioni sovraobbligatorie, le future pensioni del 2° pilastro diminuiranno in una misura «inimmaginabile fino a poco tempo fa».

L’Uss ha perciò lanciato l’allarme, avvertendo che per compensare questa tendenza alla riduzione sarà inevitabile migliorare le prestazioni dell’Avs.


Attualmente la commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale sta esaminando la riforma “Previdenza per la vecchiaia 2020”, che sarà discussa in aula nella prossima sessione autunnale di settembre. Proposta dal consigliere federale Alain Berset e già approvata l’anno scorso dal Consiglio degli Stati, tale riforma prevede, tra l’altro, di innalzare a 65 anni l’età pensionabile per le donne e di diminuire dal 6,8 al 6,0 per cento il tasso di conversione per le pensioni del 2° pilastro. Quest’ultimo vale però solo per l’assicurazione obbligatoria, relativa ad un salario annuale massimo di 84.600 franchi. Chi guadagna di più viene di solito assicurato in una cassa pensione cosiddetta “avvolgente”, che include l’assicurazione sovraobbligatoria e può fissare un tasso di conversione più basso purché garantisca la prestazione legale per la parte obbligatoria.
Proprio su questo tipo di istituti di previdenza si è di recente concentrata l’attenzione dell’Unione sindacale, analizzando i dati di 60 casse pensioni autonome e fondazioni collettive che gestiscono più di 340 miliardi di franchi per oltre 900.000 assicurati attivi. Ebbene, dal 2010 si nota una netta tendenza alla diminuzione dei tassi di conversione per la parte sovraobbligatoria, scivolati già al di sotto del 6%. Alcuni dei maggiori istituti hanno abbassato i loro tassi addirittura sotto il 5%, ciò che per gli assicurati significa una riduzione delle future pensioni del 2° pilastro, in una misura compresa tra il 15% e il 20%.


Tra i più forti tagli alle prestazioni ci sono quelli già decisi a carico degli assicurati delle Ffs (-20%) e della Posta (-17%). Ma altre numerose casse pensioni hanno pianificato provvedimenti simili. È il caso, per esempio, della cassa pensione del Credit Suisse, che da gennaio 2017 introdurrà un nuovo modello di calcolo che ridurrà del 20% le future pensioni. Questo significa, come rileva il presidente Rechsteiner, che «la diminuzione del tasso di conversione nella parte obbligatoria del 2° pilastro (di cui si sta discutendo nel quadro della riforma “Previdenza per la vecchiaia 2020”) non è che la punta dell’iceberg, poiché la grande maggioranza degli assicurati nelle casse “avvolgenti” subirà un taglio delle prestazioni ben più forte».


La Costituzione federale stabilisce che le pensioni del 1° e del 2° pilastro insieme devono permettere di mantenere in maniera appropriata il livello di vita precedente. Questo obiettivo sarà però irraggiungibile, secondo l’Uss, per quanti non riescono ad accumulare un capitale di vecchiaia di almeno 500.000 franchi. «In tale contesto», aggiunge Rechsteiner, «la prospettiva di trascorrere una tarda età materialmente dignitosa si fa incerta non soltanto per i redditi modesti, ma anche per i redditi medi». L’unico rimedio rimasto sembra ormai quello di aumentare nuovamente, dopo decenni di stallo, le pensioni dell’Avs: è vero che nel frattempo sono state adeguate al rincaro grazie all’indice misto, ma sono rimaste indietro in rapporto all’evoluzione dell’economia e dei salari.


All’esigenza di migliorare il 1° pilastro risponde l’iniziativa “AVS­plus”, che andrà in votazione popolare entro quest’anno. Essa prevede un incremento delle pensioni del 10%, vale a dire 200 franchi mensili per i singoli e 350 per le coppie. Per finanziare questo 10% di aumento, basta aumentare dello 0,4% i contributi a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro, contributi che dal 1975, cioè da oltre 40 anni, non vengono toccati. Nello stesso periodo, i contributi salariali versati al 2° pilastro sono saliti in media al 18%, cioè a più del doppio di quell’8,4% versato all’Avs. Con quali risultati, adesso è sotto gli occhi di tutti.


«Vent’anni fa», dice Doris Bianchi, segretaria centrale responsabile della politica sociale dell’Uss, «capitani d’industria e professori d’economia esigevano la rifondazione della previdenza di vecchiaia. Nel loro libro bianco “Mut zum Aufbruch” (“Il coraggio di cambiare”, ndr) chiedevano che il sistema di ridistribuzione fosse ampiamente sostituito con quello di capitalizzazione, e la previdenza privata venisse rafforzata. Sostenevano che quanto più il risparmio necessario dipende dai soggetti economici, tanto più l’impiego delle loro risorse diventa comprensibile e quindi efficiente. Ma questo, vista la situazione odierna della previdenza mediante capitalizzazione, si è rivelato un gigantesco errore di valutazione: con il 2° e 3° pilastro non si può certo parlare di efficienza e trasparenza».

Pubblicato il 

20.04.16
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