Simultaneamente, in oltre 200 filiali Migros di tutta la Svizzera, ieri mattina l’Unia (Sei, Flmo, Fcta) ha dato vita ad un’azione di sensibilizzazione del personale del colosso e della popolazione. Negli ultimi anni, denuncia il sindacato mantello, il numero 1 della distribuzione svizzera sta adottando una politica pericolosamente discriminatoria e intimidatoria nei confronti del personale che tenta di affermare i propri diritti sindacali. Per questo Unia di Basilea ha inoltrato di recente una denuncia contro la Migros con il suo personale un atteggiamento da padre-padrone. «Si predica bene e si razzola male», scrive Unia in un comunicato. È infatti dal 1999 che Migros impone ai propri fornitori non alimentari di riconoscere ai salariati il diritto ad aderire o creare dei sindacati. Non solo. Migros – sempre in un articolo apparso sul suo organo ufficiale del 18.02.2003 – chiede ancora loro che non discriminino i rappresentanti dei lavoratori, né venga loro impedito l’accesso in tutti i luoghi di lavoro. Ebbene, afferma Unia, «in barba a tutti i principi etici della cooperativa e alle norme dell’Organizzazione internazionale del lavoro», il presidente Anton Scherrer a nome della direzione generale in una lettera interna, datata il 25 agosto 2003, «dà direttive chiare affinché vengano impedite tutte le azioni sindacali nelle filiali e sulle proprietà Migros». In una circolare (con stessa data) il capo del personale della Migros di Basilea ingiunge ai propri gerenti di fare capo alla polizia nel caso i cui i rappresentanti sindacali Unia non si astenessero dal distribuire volantini al personale. Da qui la denuncia di Unia contro la cooperativa. Mesi fa, tra l’altro, la Migros non aveva riconosciuto Unia quale parte sociale venendo a creare così una situazione di forte tensione proprio quando il dialogo fra le parti si fa facendo più urgente che mai. Diverse sono le battaglie che i rappresentanti dei lavoratori hanno dovuto intraprendere. C’è voluto un lunghissimo e strenuo lavoro di pressione da parte dei sindacati per far sì che il colosso accettasse di alzare i livelli minimi salariali dei suoi dipendenti ai 3'300 franchi mensili a partire dall’ 1.1.2003. Una battaglia che ha visto un altro momento forte la scorsa estate quando il sindacato Unia e l’Fcta raccolse oltre diecimila firme per una petizione in cui si chiedevano migliori salari soprattutto per il personale con lunga esperienza e con una formazione alle spalle. Secondo Unia i salari del settore vendita, per essere in linea con le medie di altre professioni, dovrebbe crescere ancora del 25 per cento. Non un’utopia, ribadiscono i rappresentanti sindacali: le cifre d’affari conseguite nel 2003 dalle grandi catene di distribuzione dimostrano che esistono spazi di manovra in questo senso. Ma i segnali di buona volontà sembrano latitare. E preoccupa i sindacati che la Migros applichi gli aumenti salariali secondo un sistema prettamente meritocratico. Lo ha ammesso lo stesso Scherrer in un intervista (Construire n.37 del 9.9.2003) in cui afferma che il «60 per cento dei salari sono già fissati secondo un sistema fondato sul merito». Verrebbe da dedurre che una lavoratrice o lavoratore competente, ma inviso ai suoi superiori per il suo impegno sindacale, possa incontrare più difficoltà a rientrare tra i “meritevoli” di un riconoscimento salariale adeguato al proprio lavoro e alle proprie competenze. Una situazione inaccettabile, ribadiscono all’Unia, e che per essere trasformata richiede l’impegno e la sensibilizzazione non solo del personale coinvolto ma anche degli stessi clienti della cooperativa, soprattutto di coloro che hanno aderito quali cooperatori. A questi ultimi, in particolare, i sindacati chiedono di fare sentire la propria voce. In che modo? Scrivendo, ad esempio – suggeriscono – alla direzione della propria società cooperativa facendo notare che il personale della Migros è remunerato in modo insufficiente e ricordando che l’azienda deve mettere in pratica i principi etici (riconoscimento di diritti sindacali) che stanno alla base del suo voler essere “capitale sociale”. Fare pressione dunque affinché il numero 1 della vendita in Svizzera metta in pratica i principi di solidarietà sociale a cui dice ispirarsi e cominci a rispettare i diritti sindacali dei suoi dipendenti.

Pubblicato il 

23.01.04

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