Prostituzione

Ci si avvicina. Le mani scivolano. Frugano. Vanno su, vanno giù.
No, non è intimità, quella che si trova nella parte più interna e profonda di noi, perché il pensiero, le fantasie erotiche e i sentimenti sono in un altro dove.


Ci si dà senza darsi. È intrusione, si chiama meretricio ed è la pratica della prostituzione. Che fare la puttana sia un mestiere facile è ancora da dimostrare. Come del resto lo è la questione della libera scelta.
Certo è invece che la Svizzera è uno dei paesi più liberali in materia: legalizzato dal 1942, il mercimonio di sé è una professione a tutti gli effetti con tanto, per chi esercita legalmente, di tassazione fiscale. Di più. Tanto aperta che fino all’altroieri – e quando diciamo l’altroieri è da intendersi in senso letterale – anche la prostituzione minorile, entro certi margini, è stata autorizzata: bastava avere 16 anni, coincidenti per il diritto con l’età della maturità sessuale, per poter vendere prestazioni carnali e acrobatiche ad adulti affamati. Di che leccarsi i baffi per chi guadagna nel mercato dei bordelli. Un postribolo zurighese – con un sito molto ben dettagliato nella presentazione di servizi e relative tariffe – aveva fino allo scorso Natale fra le primizie della maison piccole lolite per bocche pretenziose.


Fine, o perlomeno presa di coscienza, della mattanza. Lo scorso mese di dicembre, sì solo nel 2012, gli Stati hanno adottato una modifica del Codice penale, che in pratica applica la “Convenzione europea sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale”. Il che detto altrimenti sta a significare che anche in terra elvetica potranno essere puniti i clienti di minorenni con pene detentive fino a un massimo di tre anni di carcere. Insomma, la prostituzione di giovani 16enni e 17enni diventerà illegale e sarà reato consumare con loro prestazioni sessuali a pagamento.


Bene, la legge è stata messa nero su bianco: tutto risolto? Non proprio, resta sotterranea ma aperta la questione della tratta e il rispetto della “Dichiarazione dei diritti umani”. La Svizzera pullula di donne dell’Est europeo attive nel mercato del sesso a pagamento: in Ticino si concentrano soprattutto ragazze rumene. Anche ammesso che abbiano 18 e non 17 anni, e quindi siano maggiorenni, come arrivano qui? Chi paga loro il viaggio, destinazione un paese che forse non riescono neppure a localizzare sulla carta geografica? Non conoscono la lingua, escono di casa poco più che bambine (qualcuno obietterà: sono donne. Come se bastassero due tette per esserlo), approdano nel paese dei balocchi, sprovvedute e ingenue come ogni ragazza di questa età, e senza sapere nulla di pratiche amministrative, si presentano agli uffici cantonali, alla polizia, si annunciano e avviano le pratiche per registrarsi quali prostitute. Libera scelta? Autodeterminazione?
E poi via: svestiti, muoviti, lasciati rovistare e, puci puci, fai finta che sia davvero eccitante, che è proprio ciò che desideri, perché appunto sei una puttana, vendi carne, anche se sei poco più che una bambina e vedi ancora il mondo con le lenti rosa: sogni magari di trovare un uomo che ti ami con cui formare una famiglia normale, avere i soldi per fare la spesa e andare in vacanza. Cose così, mica andare sulla Luna.


Intanto quacuno guadagna sulla tua pelle, mentre tu sei convinta che presto finirà. Il pericolo è di fatto il consolidamento di una rete di protettori che faccia da intermediaria, organizzando la fuoriuscita dai confini delle ragazze che vengono avviate all’estero alla prostituzione. Il rischio è che finiscano per perdere la loro libertà. Nel rapporto 2011 della Polizia federale al proposito si legge: «Il contesto piuttosto liberale e i prezzi relativamente elevati delle prestazioni sessuali fanno della Confederazione un mercato attrativo, non solo per le prostitute straniere, ma anche per gli autori della tratta». A Zurigo è recente il caso della scoperta di un traffico clandestino di prostitute ungheresi, mentre il 2013 in Ticino si è aperto con un processo a porte chiuse alle Assise criminali di Lugano a carico di un bulgaro accusato di comprare ragazze nel suo paese e portarle in Svizzera a battere in condizioni di violenza e schiavitù.
Per monitorare, arginare e contrastare il fenomeno, la Svizzera ha deciso di puntare sulla cooperazione internazionale, e in collaborazione con la Romania, ha dato avvio nell’ottobre 2012 a un piano nazionale contro la tratta degli esseri umani.


La prostituzione può essere praticata in modo volontario, ma anche no: è bizzarro ritenere che a 18 anni non ci si proietti in nulla di più. Bisogna essere umanamente miopi per immaginarlo. Pensiamo alla condizione di donne immigrate, provenienti da economie instabili, senza prospettive, denaro e uno straccio di lavoro. Non deve essere facile fare la mignotta. Prima regola, ci dicono, è imparare in fretta a desensibilizzarsi, ad annullare le emozioni per sopportare che ti rovistino come un calzino. Un mestiere per cui ci vuole fisico, spesso stomaco e anche testa per sopportarlo: «Sono sempre di più le prostitute che non reggono il lavoro, finendo in ospedale per problemi di natura psichiatrica. In netto aumento, fra chi opera nell’industria del sesso, anche il consumo di alcol e l’abuso di psicofarmaci» spiegano gli operatori di Primis (vedi box).
«Puci, puci. Vieni qui coccobello». Alla faccia della liberalità, del puritanesimo, dei benpensanti, di chi «io non lo farei mai»: qui non è questione di giudizi, ma di diritti umani, per il cui rispetto occorrerebbe forse iniziare a pensare a politiche statali di integrazione destinate a quelle donne che le condizioni di vita, o qualcuno per loro, hanno deciso che facessero la mignotta.

 

Pubblicato il 

28.02.13

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