Eternit Svizzera

Come si è comportato lo Stato in relazione ai pericoli per la salute dei lavoratori e dei cittadini legati all’uso industriale dell’amianto nella fabbrica Eternit di Niederurnen? È una domanda a cui i più cercano di sfuggire in questa località di fondovalle del cantone Glarona, sede storica della multinazionale che fu della famiglia di Stephan Schmidheiny (recentemente condannato in Italia dal Tribunale d’appello di Torino per disastro ambientale doloso a 18 anni di carcere) e dove ancora oggi opera la società (suo successore in diritto) Eternit Schweiz AG. Ora però governo e parlamento glaronesi saranno obbligati perlomeno a chinarsi sulla questione in seguito a una mozione presentata dal giovane deputato socialista Marco Kistler.


La stessa chiede l’istituzione di una commissione indipendente di esperti (a cui va garantito l’accesso a tutte le informazioni rilevanti) che faccia luce sul ruolo avuto in particolare dalle autorità politiche e dagli organi di vigilanza durante tutto il periodo (dal 1903 fino alla fine degli anni Novanta) in cui in quella fabbrica si è lavorato con l’amianto. Questo nonostante la sua pericolosità per la salute sia dimostrata dal punto di vista medico sin dal 1943 almeno.


«È un compito dello Stato quello di proteggere la salute dei cittadini. Nel caso specifico ciò non è avvenuto. Si è così intervenuti troppo tardi a fermare la più grande catastrofe industriale della Svizzera che ha distrutto la vita di migliaia di persone e delle loro famiglie», spiega Marco Kistler, 28 anni, nato e cresciuto a Niederurnen, proprio «a due passi dalla fabbrica dell’Eternit».


Una fabbrica che con la sua attività passata ha prodotto e continua a produrre danni tra gli ex lavoratori (la stragrande maggioranza immigrati italiani). E pure tra semplici cittadini che hanno vissuto nei dintorni: il caso di una donna che non aveva mai lavorato all’Eternit ma che è deceduta di mesotelioma (il tipico cancro da amianto) è tra l’altro all’esame della Procura di Torino che sta indagando sulle vittime italiane che erano entrate in contatto con gli stabilimenti svizzeri (di Niederurnen e Payerne, nel canton Vaud).


Eppure a Niederurnen, nella “città dell’Eternit” dove pure si muore a causa delle malattie asbesto-correlate (basta fare una visita al cimitero con una persona del luogo per rendersene conto) la tragedia dell’amianto resta un tema tabù. «Nella nostra realtà è un argomento che i più evitano. Nemmeno a scuola se ne parla», conferma Marco Kistler, che spontaneamente si è dato da fare per raccogliere informazioni: «Ho partecipato a diverse serate organizzate dalle organizzazioni delle vittime e sono entrato in contatto con famiglie direttamente toccate dalla malattia da amianto, rendendomi tra l’altro conto della paura di ammalarsi che colpisce molte persone sane che hanno avuto dei casi in famiglia», spiega Kistler sottolineando «la necessità di fare chiarezza su questo capitolo buio della nostra storia prima che tutti muoiano, per soddisfare il diritto di sapere delle vittime e anche per lanciare un monito ad autorità e imprese che in futuro saranno chiamate ad affrontare questioni di rilevanza paragonabile e per renderle attente che il loro comportamento potrà essere oggetto di verifica».


«Quando in una fabbrica succede un’esplosione di materiale pericoloso – prosegue Kistler – si interviene prontamente per proteggere la popolazione, ma quando, come nel caso dell’amianto, una catastrofe si consuma sull’arco di decenni (la malattia può subentrare anche 40 anni dopo l’esposizione, ndr) e ci sono in ballo grossi interessi economici, nessuno fa nulla. Il Governo di Glarona deve spiegare perché questo è potuto succedere con la Eternit di Niederurnen indagando sul ruolo avuto dallo Stato, che a tutt’oggi rimane oscuro».


La messa in pericolo per decenni della salute e persino della vita dei lavoratori con l’esposizione a una sostanza notoriamente pericolosa come l’amianto può essere avvenuta solo se ai differenti livelli dell’impresa, delle autorità (federale, cantonale e comunale), della Suva (l’istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni) e di altri soggetti «si ignorava, si tollerava o si contestava che ciò avveniva», scrive Kistler nella sua mozione, definendo «discutibile» anche l’atteggiamento della magistratura sempre rimasta inattiva. «Assolutamente non chiaro» è inoltre il ruolo svolto dalle autorità cantonali e comunali: non hanno agito «per ignoranza, perché disponevano di informazioni false o perché hanno voluto privilegiare la produzione industriale a danno della salute dei lavoratori?».


La commissione d’inchiesta da lui auspicata avrebbe insomma molto da chiarire, anche se difficilmente verrà istituita. Lo stesso autore della mozione non si fa illusioni, vista la freddezza con cui il suo atto è stato accolto dal mondo politico glaronese: «Mentre la gente che vive il problema ha reagito molto positivamente, tra i colleghi del Landrat – il parlamento glaronese, ndr – ho visto molto scetticismo. È evidente che non c’è la volontà di confrontarsi sul tema. Si preferisce dimenticare il passato», commenta Kistler.
È insomma assai verosimile che il governo cantonale dapprima e il Land­­rat poi bocceranno la mozione del giovane socialista, che avrà perlomeno il merito di costringere la classe politica glaronese a chinarsi sulla tragedia dell’amianto. E lui intanto pensa «ad altre iniziative, magari di più ampio respiro».

 

Pubblicato il 

20.06.13

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