Egregio signor Stephan Schmidheiny,
Vorrebbe sicuramente sapere chi le scrive: Non lo rivelerò, poichè non tengo ad essere la sola vedova beneficiaria delle sue scuse e delle briciole dei suoi miliardi che non mi ridaranno comunque mio marito. La vita che lei gli ha preso per la sua negligenza, non ha prezzo. Avrebbe potuto aiutarmi a curarlo ed a sostenermi moralmente. Ma probabilmente lei ignora la sua morte, dopo 10 anni di sofferenze. La sua scomparsa, la pago con il dolore di un lutto interminabile, come lo fu la sua agonia.
Mi rivolgo a lei, in modo anonimo, anche a nome di quelle persone che come me, hanno perso uno, due, tre parenti – ne conosco- che avevano lavorato per lei e per suo padre. Anche se volessero esprimersi, non saprebbero come raggiungerla, scriverle o parlarle. È sparito, lasciandoci montagne di cemento-amianto nelle costruzioni e nell' ambiente. Ma quel che è più grave, sono le fibre mortali che restano impiantate nei polmoni dei lavoratori.
È fuggito dalle sue responsabilità e, peggio ancora, ora che stanno per essere riconosciute dal Tribunale di Torino, si nasconde vilmente, lasciando al suo avvocato il compito di proteggerla e di proteggere il nome di Eternit.
Le parlo in nome dei senza voce, le scrivo per quelle che non osano o non sanno farlo, paralizzate dal suo silenzio, dal suo potere, dalla sua ricchezza, e la sua autorità. E diventato un personaggio "sovraumano" che non si osa affrontare. C'è poi l'onnipresenza del suo marchio di fabbrica "Eternit" che ci ricorda costantemente e crudelmente, il fatto di esser diventate vedove o orfane.(...)
Signor Schmidheiny suppongo che lei riceva molte lettere come la mia. Temo che sarà classata dalle sue segretarie nello stesso modo che le migliaia di incarti medici dei suoi impiegati ancora in vita. Malgrado le informazioni che lei detiene, li lascia apposta nell'ignoranza dei mali che li minacciano, privandoli quindi delle cure che prolungherebbero di qualche anno la loro pensione. (...)
Ciò che noi le domandiamo, signor Schmidheiny, è di ricomparire davanti a noi, di guardarci in faccia, di ascoltarci, magari solo un momento o un giorno soltanto. E perchè non a Torino? Dove lei avrebbe dovuto esserci, ma dove si è sempre sottratto alla vista delle vittime italiane e dei loro parenti.
Noi vedove dell'amianto, le domandiamo, di lasciarci la speranza di un'umanità in cui gli assassini, arrichitisi grazie ai loro crimini, dispensati dalle scuse per aver causato la morte dei loro impiegati, siano solo un cattivo ricordo. In nome di tutte le vittime nel mondo, domandiamo riparazione e giustizia.
Solo allora potremo forse dimenticarla.

Pubblicato il 

09.07.10

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