«Ci siamo rotti!» Con questo slogan, Unione sindacale svizzera Ticino e Unia hanno indetto una manifestazione il prossimo giovedì dieci dicembre a Lugano in Piazza Dante alle ore 17. Una protesta per dare voce ai salariati del cantone, sempre più sotto pressione dalla crisi economica e dai tagli alle assicurazioni sociali e tartassati dagli aumenti dei premi casse malati. Ne parliamo con Saverio Lurati, segretario cantonale di Unia Ticino.

Lurati, quali sono i motivi della manifestazione?
Sono molteplici. Possiamo sintetizzarli nella difesa delle assicurazioni sociali e del potere di acquisto. Nel particolare, siamo preoccupati per il prospettato aumento dell'età pensionabile, per la decisione di diminuire le rendite del secondo pilastro dei lavoratori, per le proposte di modifica alla legge disoccupazione che si stanno dibattendo in parlamento e per l'attacco alla Suva, un'assicurazione che ha dato prova di essere molto più solidale di altre. Infine, siamo molto arrabbiati per l'aumento continuo dei premi casse malati.
E per quanto riguarda il tema del potere d'acquisto?
Se aumentano i premi casse malati, e diminuiscono le rendite Avs e secondo pilastro, è avvio che anche il potere di acquisto diminuisce. Quindi le assicurazioni sociali e il potere di acquisto sono fortemente connessi.
Le assicurazioni sociali sono regolate da leggi federali. Come può il Ticino influire su queste ultime?
Il 10 dicembre vuole dare la possibilità alle lavoratrici e i lavoratori di questo cantone di esprimere il loro malcontento rispetto a quanto sta succedendo. Recenti statistiche dimostrano che il divario tra i salari ticinesi e il resto della Svizzera è aumentato. In un contesto dove gli affitti non diminuiscono malgrado siano scesi i tassi ipotecari, né diminuiscono i costi di altre spese sostenute dai cittadini, ciò significa che il potere d'acquisto dei ticinesi è sceso maggiormente che nel resto del Paese. Se c'è qualcuno che sta pagando la crisi più degli altri, sono proprio i salariati del Canton Ticino.
Si può riassumere la portata dell'attacco alle assicurazioni sociali?
Quello che sta avvenendo è un processo di "desolidarizzazione" delle assicurazioni sociali. Meno solidarietà nel finanziamento delle assicurazioni sociali corrisponde ad un trasferimento della ricchezza dai ceti più poveri a quelli ricchi. Farlo nell'ambito della crisi attuale è ancor più da irresponsabili, perché si va a intaccare quegli ammortizzatori sociali che oggi permettono di attenuare gli effetti della crisi ed hanno evitato una rivolta sociale.
Sono anni che il Parlamento approva le proposte atte a smantellare le assicurazioni sociali. C'è un divario tra i politici e la classe lavoratrice?
In Parlamento c'è una lobby degli assicuratori che ha un potere fuori misura rispetto al valore delle assicurazioni nel mercato sociale e alla ricchezza prodotta nel paese. La lobby dei cassamalatari e degli assicuratori è la più potente all'interno del Parlamento. Il loro scopo è incrementare i profitti degli azionisti a discapito del buon funzionamento degli ammortizzatori sociali. Con la manifestazione del 10 dicembre crediamo sia necessario spostare il dibattito sulle lobby assicurative che si stanno assicurando dei lauti guadagni a dispetto di ampi strati sociali che oggi vivono grosse difficoltà. Altrimenti si lascia il campo libero alla xenofobia, con il rischio di una guerra tra poveri.
La manifestazione del 10 dicembre s'inserisce in una dinamica nazionale?
È la continuazione del percorso iniziato con la manifestazione nazionale a Berna del 19 settembre contro l'assenza di risposte alla crisi economica. Se la situazione dovesse deteriorarsi, come sembra essere il caso, non esiteremo a ricorrere all'arma referendaria per combattere ogni peggioramento delle assicurazioni sociali. Sul fronte del potere di acquisto invece, non escludiamo l'ipotesi di uno sciopero generale. Da parte padronale infatti non c'è la disponibilità necessaria per permettere ai lavoratori di mantenere il potere di acquisto. In Svizzera si continua a produrre ricchezza, forse non più ai livelli precedenti alla crisi, ma essa viene ripartita in modo sempre più diseguale.

Pubblicato il 

04.12.09

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