Finalmente in Italia c'è un'opposizione al governo di destra. Peccato che anche l'opposizione sia di destra, finiana, mentre le forze di centrosinistra sono in speranzosa attesa di una crisi di governo che certamente non sarà, se sarà, determinata dall'incalzare dell'iniziativa politica del Pd che teme, come e più del Cavaliere, le elezioni anticipate su cui punta la Lega. Il sogno che unisce Bersani e Fini, passando per l'Udc e la costellazione centrista, è un governo di transizione per fare una nuova legge elettorale e cancellare finalmente l'abominio di quella esistente che espropria i cittadini da ogni scelta.
L'unica cosa che unisce il composito e improbabile schieramento antiberlusconiano di destra-centro-sinistra è il corteggiamento alla Confindustria di Marcegaglia e Montezemolo e l'apprezzamento per l'imperatore della Fiat, Sergio Marchionne. Anche nel sindacato Marchionne ha trovato le ruote di scorta della sua rivoluzione automobilistica: Cisl e Uil hanno firmato anche l'infirmabile pur di accreditarsi presso il governo e il padronato come fedeli interpreti del "nuovo sindacato", quello che ha rottamato il conflitto in nome di una finta codeterminazione, in cui le regole sono dettate da una sola parte che impone ai complici di renderle operative.
Marchionne, in nome della competitività, pretende di estendere a tutte le sue fabbriche il modello Pomigliano – via i diritti fondamentali a partire dallo sciopero, ore di straordinario triplicate senza contrattazione, primi tre giorni di malattia non pagati, abolizione della pausa mensa se il mercato ha fretta di automobili, sanzioni ai sindacati ribelli e ai lavoratori che violino il nuovo decalogo, abolizione del contratto nazionale.
Federmeccanica e Confindustria apprezzano e rilanciano, Cisl e Uil obbediscono, le destre e l'area centrista applaudono, il Pd osserva, ammicca, bofonchia. Le sinistre sono fuori dal Parlamento e stentano a riprendere contatto con un mondo del lavoro abbandonato da tutti, incazzato, deluso. La Cgil è in mezzo al guado: rientrare nel grande gioco da cui era stata esclusa con gli accordi separati o far proprie le lotte dei suoi metalmeccanici: la Fiom è diventato il punto di riferimento nelle fabbriche e nella società della resistenza democratica agli attacchi alla Costituzione, allo statuto dei lavoratori, al sistema delle regole e delle leggi figlie delle lotte sociali e politiche del secolo scorso. Il 16 ottobre scenderanno in piazza a Roma decine di migliaia di tute blu in difesa dei diritti e della democrazia e al loro fianco ci saranno altre decine di migliaia di studenti, precari della scuola, dei servizi, dell'industria, l'associazionismo (Arci), Emergency, il movimento per l'acqua pubblica, i centri sociali, il popolo viola e tanti intellettuali. È in questa piazza che si possono cercare le risorse per un cambiamento in Italia.

Pubblicato il 

08.10.10

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