È referendum contro la decisione del parlamento ticinese di introdurre la meritocrazia nella retribuzione dei dipendenti cantonali. Il sistema infatti non funziona. Lo dice, senza tanti giri di parole e basandosi sulle esperienze raccolte in diversi Paesi, l'Ocse. Ecco perché.

Le rimunerazioni secondo le performance sono state importate dagli Stati Uniti assieme agli strumenti e all'ideologia del New Public Management, cioè del modello di gestione della Stato secondo i principi del neoliberismo. Capofila di questo movimento è stata la società Arthur Andersen. A lei si devono anche altre riforme che qua e là si sono imposte nella gestione della cosa pubblica, come il principio di corresponsione (tutti devono pagare tutte le prestazioni dello Stato), la sostituzione del concetto di cittadino con quello di cliente, l'aumento degli stipendi alti e la riduzione di quelli bassi, la privatizzazione dei servizi pubblici, la sostituzione della collaborazione fra dipendenti pubblici con la concorrenza e la competitività. In questo contesto, i fautori dei salari al merito nella funzione pubblica ritengono che chi è convinto che il suo salario dipenderà dalle sue prestazioni lavorerà di più e meglio.
Il New Public Management ha già trovato ampia applicazione, e anche i salari al merito sono ormai assai diffusi nelle amministrazioni pubbliche. Una valutazione dei loro effetti pratici è quindi possibile a ragion veduta. Una valutazione che l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economcio) esegue con una certa regolarità nell'ambito dei suoi studi sul funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Ebbene, per l'Ocse il risultato dell'applicazione delle politiche retributive al merito nella funzione pubblica è paradossale: «i funzionari sono meno motivati di quanto ci si sarebbe potuto aspettare dalla prospettiva di guadagnare di più lavorando meglio».
L'Ocse rileva pure che i salari al merito sembrano motivare solo una minoranza dei funzionari pubblici. Inchieste ad ampio respiro in Inghilterra e negli Stati Uniti hanno dimostrato che soltanto un piccolo numero di funzionari pubblici si sentono motivati a lavorare di più grazie ai salari al merito. Al contrario, sottolinea l'Ocse, numerosi sono coloro che ritengono che questi dispositivi salariali costituiscono un elemento che porta discordia nell'ambiente di lavoro. Analizzando il salario al merito nella funzione pubblica così come applicato in Australia, Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna e Stati Uniti l'Ocse osserva che le esperienze fatte non sono positive. Il salario al merito infatti si è rivelato inefficace «poiché è difficilmente comprensibile per il dipendente, poco accettato e il rapporto fra il premio e il lavoro effettuato è inesistente».
La remunerazione basata sulle performance si rivela dunque particolrmente difficile e delicata nel settore pubblico, soprattutto perché, aggiunge l'Ocse, valutare le performance nell'amministrazione pubblica è un compito intrinsecamente difficile. Pur a fronte di ogni necessaria modernizzazione non va infatti dimenticato che «l'amministrazione pubblica esercita un'autorità pubblica e ha una doppia missione: garantire il primato del diritto ed essere all'ascolto del potere politico e dei suoi utenti». Comunque la si guardi, per l'Ocse è fondamentale che si preservi «la cultura del servizio pubblico». Cosa che, dice in sostanza l'Ocse, appare incompatibile con le logiche sottese ai salari al merito.
Il referendum contro l'introduzione delle rimunerazioni commisurate alle prestazioni è dunque, per dirla con le parole di Rezia Boggia, segretaria cantonale aggiunta del sindacato dei servizi pubblici Vpod, «una battaglia che facciamo per impedire di creare un clima negativo di lavoro nei servizi pubblici con sistemi salariali soggettivi che scimmiottano il settore privato». Una battaglia dunque che per la Vpod dovrebbero sostenere tutti coloro che hanno a cuore il buon funzionamento dei servizi pubblici nell'interesse degli utenti. «I danni maggiori di questo nuovo sistema salariale soggettivo sbagliato li subiranno infatti gli utenti dei servizi pubblici cantonali e i cittadini tutti di questo paese», precisa Boggia.
Ma come fare allora per aumentare la motivazione del personale dell'amministrazione? Per il segretario cantonale della Vpod e deputato Ps Raoul Ghisletta «il dipendente pubblico chiede di avere il necessario sostegno dall'alto, di poter utilizzare strumenti di lavoro moderni e adeguati, di potersi aggiornare, di gestire un carico di casi adeguato, di godere di un'autonomia che ne valorizzi la professionalità, di poter collaborare in modo adeguato con gli altri servizi pubblici. È purtroppo il contrario di quanto spesso accade oggi in Ticino», osserva Ghisletta.

Pubblicato il 

09.07.10

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