La società civile in Africa è in proporzione più preoccupata delle questioni di sopravvivenza che della ricerca di un mondo diverso. È ad ogni modo la constatazione di alcuni suoi responsabili presenti al Forum sociale mondiale africano, che non ha mantenuto tutte le sue promesse.

Il Forum sociale mondiale di Nairobi (Kenya), il primo organizzato interamente in Africa, non ha avuto pieno successo. Il comitato organizzativo attendeva 80 mila partecipanti, ma ne sono arrivati meno di 60 mila. Allo stesso momento, un certo numero di dirigenti di questa società civile africana hanno confrontato i loro punti di vista sul numero speciale della rivista Alternatives Sud, dalla quale ne esce un'analisi contrastata. Alcuni sono entusiasti come Demba Moussa Sembélé, senegalese e direttore del Forum africano delle alternative, che si situa chiaramente nel movimento contro la globalizzazione e rileva che «sta germogliando una combattiva società civile panafricana», e che «di queste lotte è già sensibile nelle politiche nazionali, a livello regionale o continentale». Basti citare i sindacati senegalesi o le associazioni di contadini come il Roppa (Rete delle associazioni contadine e di produttori dell'Africa occidentale). Quanto al Senegal è diventato, secondo lui, «un vero calderone sociale» i cui movimenti si collocano «all'avanguardia nella lotta contro gli accordi di collaborazione economica».

Meno contestatario... 

Un altro paese dove «è emerso un ampio movimento di protesta» è il Niger, spiega Mahaman Tidjani Alou, direttore del Laboratorio di studi e ricerca sulle dinamiche sociali con sede a Niamey. Si tratta di un movimento che, secondo lui, è riuscito «a fare del nuovo attore associativo un valido interlocutore» per le autorità. Ma aggiunge che le preoccupazioni sono state molto pragmatiche: la costruzione della democrazia, le misure fiscali che hanno aumentato il costo della vita...
Anche in Camerun, secondo Yves Alexandre Chouala, politologo all'Università di Yaoundé II-Soa, la società civile è orientata verso la «supplenza sociale in uno Stato la cui capacità di fornire servizi alle popolazioni si rivela essere sempre più limitata». Nella Repubblica democratica del Congo invece, secondo Sylvestre Kambaza, presidente della Dinamica delle società civili per i tre paesi dei Grandi laghi, la popolazione, che vive nella miseria ed è abbandonata dalle autorità, ha «sviluppato diversi meccanismi di responsabilizzazione. È tutto un fiorire di molteplici associazioni civili...». In questo paese la ricerca della pace e la seguente preparazione delle elezioni hanno assorbito le energie della società civile.
I politologi ammettono che la società civile può, secondo le circostanze, giocare sia il ruolo di contro potere contestatore che il ruolo di supplente degli Stati che vengono meno alle loro mansioni sociali, come la salute. Constatano però anche che ognuno ha la tendenza ad escludere l'altro: quando si lotta per la sopravvivenza, ci si preoccupa meno di cambiare il sistema globale. Questo sembra essere un fenomeno proporzionalmente più marcato in Africa rispetto ad altri continenti.
In Camerun, secondo il professor Chouala, si assiste realmente e quantitativamente ad «un'evoluzione esponenziale e ad un addensamento della società civile», ma «essa si afferma più come uno spazio di lotte sociali per la sopravvivenza quotidiana piuttosto che per la trasformazione delle strutture», che resta «agli antipodi di una prassi di critica e d'interpellanza dei dirigenti». 

Il denaro e il potere

Yves Alexandre Chouala parla piuttosto di una «strumentalizzazione politica ed economica da parte degli attori in cerca di potere e di risorse» e di una «mancanza di rappresentatività e di legittimità». Sono termini usati anche da Sylvestre Kambaza, secondo il quale la società civile congolese «ha perso progressivamente credibilità presso l'opinione pubblica» per l'inclinazione verso le funzioni politiche manifestata da alcuni suoi dirigenti.  
In Nigeria Femi Aborisade, sindacalista e difensore dei diritti umani, parla decisamente delle «ambiguità del movimento sociale» e menziona un problema ricorrente in diversi paesi: «la dipendenza delle Ong dominanti rispetto ai fondi delle agenzie internazionali». In Camerun per esempio, secondo il professor Chouala, le Ong proliferano per accaparrarsi i fondi accessibili, e questo n≠on testimonia per niente la vitalità della società civile. Anche in Senegal, aggiunge Demba Moussa Sembélé, «uno di questi problemi è lo squilibrio che esiste fra qualche grande Ong, che dispone di molti mezzi e gode di una grande visibilità, e la miriade di organizzazioni che lavorano soprattutto nel mondo rurale e alla periferia dei centri urbani».  
A dar credito a queste analisi, l'altermondialismo, presente in Africa come altrove, sarebbe piuttosto legata a qualche figura di punta che ad una tendenza largamente diffusa nel mondo associativo. Tuttavia, grazie a Lula, presidente della Lega delle donne per lo sviluppo e l'educazione alla democrazia, sottolinea che nella Rd del Congo, «se l'élite intellettuale lotta contro la globalizzazione senza il seguito della massa contadina, sarà un buco nell'acqua». Secondo lei occorre «creare un movimento di massa globale, che coinvolga tutta la popolazione, l'intellettuale come l'analfabeta, alfine di far percepire una forte resistenza ed un'alternativa contro la globalizzazione».

Pubblicato il 

23.03.07

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato