Europee/Francia

In Francia i sondaggi avevano ampiamente anticipato il risultato delle elezioni europee. Ma la conferma venuta dalla urne è stata lo stesso un enorme trauma: il Fronte nazionale, con il 25%, è arrivato in testa. Certo, ci sono elementi per relativizzare. L’astensione è stata altissima (al 57%, anche se in leggero calo rispetto al 2009), Marine Le Pen ha raccolto 4,7 milioni di voti, quasi due milioni in meno rispetto alle ultime presidenziali del 2012 (6,3 milioni). Ma il successo dell’estrema destra è stato il contraltare di una sconfitta storica del Ps al potere, che non ha neppure raggiunto il 14%, mentre nella destra di governo l’Ump ha perso punti e non incarna più la principale opposizione a Hollande. Hollande ha atteso 24 ore per reagire e lo ha fatto con mollezza, tornando a promettere che l’Europa deve cambiare, che deve “proteggere” di più. Il primo ministro, Manuel Valls, in linea con la sua immagine più “decisionista” già la sera del 25 maggio aveva ammesso che la situazione è «grave, molto grave».


È un avvertimento destinato a sconvolgere durevolmente il panorama politico francese, tanto più che l’Ump, due giorni dopo il voto, è affondata in una crisi morale che ha obbligato il presidente Jean-François Copé a dimettersi precipitosamente, sospettato di gestione truffaldina. E il margine di manovra del Ps al governo si è ristretto enormemente, tra contestazione interna della linea politica e discredito di Hollande, il presidente meno popolare della V Repubblica, che appare impotente a fermare la crisi, ormai ulteriormente indebolito anche nel contesto europeo.


Ma il 25% al Fronte nazionale significa anche, come afferma Marine Le Pen, che ormai in Francia questo partito ha conquistato l’egemonia culturale? Gli intellettuali, di solito pronti a farsi sentire, sono rimasti silenziosi.
Lo scontento verso la politica senza risultati di Hollande non si è tradotto in un voto alla sinistra della sinistra. Il Fronte nazionale arriva in testa in 71 dipartimenti (su 101), nelle zone vittime della deindustrializzazione supera il 40%, è al 33,6% nella circoscrizione del Nord-ovest dove Marine Le Pen ha guidato la lista, a Henin-Beaumont, uno degli undici comuni conquistati dall’estrema destra alle municipali di marzo, supera il 50%. Parigi città-mondo resta un’isola, con il Fn sotto il 10%. Tra i giovani, l’estrema destra è il primo partito, al 30%, accanto a una forte astensione. Il 43% degli operai, il 38% degli impiegati e il 37% dei disoccupati hanno votato Fronte nazionale quando non si sono astenuti, mentre queste categorie che pagano più cara la crisi hanno scelto il Ps rispettivamente solo all’8, al 16 e al 14%. Il Front de gauche resta al palo, con il 6,3%, cioè non riesce ad intercettare gli scontenti. Anche i Verdi pagano cara la disillusione europea, dimezzando la rappresentanza, con l’8,9%. Complessivamente, la sinistra “pesa” meno di un terzo dell’elettorato. I sindacati sono preoccupati, perché, stando a un sondaggio Ipsos, il 25% degli iscritti hanno scelto il Fronte nazionale, più a Force ouvrière (33%), meno alla Cfdt (17%), con in mezzo i militanti della Cgt (22%).


Chi si considera perdente rispetto alla mondializzazione e non trova risposte in un sistema politico che da sempre propone l’alternanza ma non più l’alternativa si rivolge adesso all’estrema destra, sedotto da un discorso semplificatore, anti-europeo, anti-élite, anti-immigrati, che fa balenare la possibilità di ritrovare la potenza passata chiudendosi dentro le frontiere.

Pubblicato il 

05.06.14

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