Lo sapevo che bastava sedersi in riva al fiume – potrebbe essere idealmente il Reno – e aspettare pazientemente per veder passare il cadavere del nemico. Eh? Cosa ne pensate fieri sostenitori dell'autonomia nazionale elvetica ora che ci passano sotto gli occhi i cocci di questa tanto decantata Europa? Ah! Bel sogno davvero. Ma noi svizzeri non ci siamo fatti abbindolare, dritti e sicuri per la nostra via solitaria ora non guardiamo al nostro bilancio di Stato con le lacrime agli occhi.
Noi non siamo qui a farci dire dai commissari dell'Unione europea come dobbiamo gestire i nostri conti pubblici, come sta succedendo alla serva Italia. Per tacere della Grecia che ormai potrebbe consegnarsi arresa a un prefetto di Bruxelles. O alla coppia del momento: Merkel-Sarkozy. Lui ormai vede di più la cancelliera tedesca della sua famigliola tanto che pare che ormai parli di spread anche con la figlioletta lattante mentre all'Angela ha offerto un biberon.
Ma la soluzione c'è. Il nucleo duro, produttivo, trainante dell'Europa deve scrollarsi di dosso tutte quelle appendici mediterranee che servono a poco tranne a dare un po' di conforto balneare a chi durante i mesi invernali ha duramente lavorato tra Amburgo e Monaco di Baviera. Se la Germania capisce questo, capisce che esiste la mossa che le permetterebbe di fare quel che non le è riuscito con due guerre: trionfare su tutti, über alles, sulle macerie degli altri.
Quindi, punto primo: è necessario e urgente il ritorno alle monete nazionali. Farebbe bene a tutti. Alla Germania che potrebbe riabbracciare il suo granitico marco (ma con che cuore ha potuto abbandonarlo?).
Ma non sarebbe l'unico paese a trarne vantaggio, anche l'Italia potrebbe tornare a far suonare la lira al ritmo delle svalutazioni competitive. Sempre che rimanga qualcosa da esportare, posto che il Colosseo non si riesce a spostarlo di un millimetro. Ma mi spingerei più in là sullo scacchiere italiano. Per creare un po' più di dinamismo interno cominciamo con il federalismo monetario. Un bel tuffo nel passato e ogni regione può riscoprire monete ormai recluse nelle teche dei numismatici. Che si ritorni a coniare ducati, denari, carlini, soldi, palanche, baiocchi, corone, fiorini, gabelle, luigi, talleri, piastre e zecchini. Non hanno una forza evocativa, poetica i nomi di tutte queste divise ormai dismesse? E così le svalutazioni competitive uno può rivolgerle anche verso il mercato interno. In più, tanto per agganciarci a una moda del momento, mi sembra persino un discorso no-global: prodotti locali pagati con monete locali.
Anche noi svizzeri, troppo forti del nostro franco, dovremmo pensare a una soluzione simile. Perché fermarci alla concorrenza fiscale tra cantoni? Spingiamoci anche noi nella direzione della concorrenza monetaria. Che cominci il Ticino coniando il ticinello poi, chissà, seguirà l'Obwaldeli, il berner Taler, ecc.
Insomma per uscire dalla crisi in cui si trova l'Europa, c'è una sola soluzione: meno condivisioni, più divisioni.

Pubblicato il 

09.12.11

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