Giustizia

A processo per la rapina del secolo

I dirigenti della società petrolifera Petrosaudi sono accusati dalla Procura federale di avere sottratto 1,83 miliardi di dollari al fondo sovrano malese 1MDB

Dopo sei anni d’indagine, rogatorie in sette Paesi e decine di milioni di beni sequestrati si apre la settimana prossima uno dei più importanti processi per riciclaggio degli ultimi anni. Il 2 aprile sul banco degli imputati del Tribunale penale federale di Bellinzona compariranno Tarek Obaid e Patrick Mahony, dirigenti della società petrolifera Petrosaudi, implicati in uno dei più importanti filoni elvetici dello scandalo legato al fondo sovrano 1MDB. I due uomini, colleghi e amici sin dai tempi degli studi, entrambi con passaporto svizzero, sono accusati dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) di sei reati: amministrazione infedele, truffa, corruzione attiva d’agenti pubblici stranieri, falsità in documenti, riciclaggio di denaro e infedeltà nella gestione pubblica. Le procuratrici federali Alice de Chambrier e Muriel Jarp accusano i due di avere sottratto un totale di 1,83 miliardi di dollari dalle casse di 1MDB.

 

Quella che pare una delle più grandi rapine della storia inizia nell’agosto 2009, a bordo dello yacht “Alfa Nero”, ancorato al largo di Cannes. Il giovane e rampante imprenditore malese Jho Low aveva organizzato un incontro tra il suo primo ministro, Najib Razak, e il Principe Turki, figlio del re Abdullah dell’Arabia Saudita, accompagnato all’occasione da Tarek Obaid. È in quel momento che viene redatto un mega-contratto che, sulla carta, avrebbe dovuto avvantaggiare entrambe le parti. La Malesia, attraverso il suo fondo sovrano 1MDB, avrebbe iniettato un miliardo di dollari per sviluppare i giacimenti petroliferi di proprietà di Petrosaudi, la società controllata proprio da Tarek Obaid e del principe Turki con uffici a Ginevra, Riad e Londra. Stando all’atto d’accusa accusa, però, il mega-contratto è un guscio vuoto: Petrosaudi non possiede infatti alcun giacimento petrolifero, ma al massimo qualche diritto di concessione (mai fatto valere) in Turkmenistan e in Argentina.

 

Secondo la Procura federale, l’incontro sullo yacht è stato il punto di partenza di un “astuto inganno” che ha costituito la base di una megatruffa per dirottare, in complicità con Jho Low, i fondi da 1MDB verso i conti personali di Obaid e Mahony. Poco dopo la firma di quel contratto, infatti, un miliardo di dollari lascia le casse del fondo sovrano malese e approda sui conti svizzeri dello stesso imprenditore e dei suoi collaboratori. Il denaro verrà poi ridiviso con gli altri protagonisti della vicenda. L’accusa calcola che Jho Low si sia arricchito indebitamente di quasi 800 milioni di dollari, mentre Tarek Obaid (e Petrosaudi) e Patrick Mahony hanno intascato rispettivamente 570 e 37 milioni.

 

I due dirigenti della società petrolifera si sono conosciuti alla Scuola Internazionale di Ginevra, un istituto frequentato dall’élite finanziaria e diplomatica della città in riva al Lemano. Secondo l’MPC la maggior parte del denaro sottratto a 1MDB è stata destinata a degli investimenti e a sostenere il loro alto stile di vita personale: Tarek Obaid ha ad esempio comprato un diamante da 11 milioni di dollari, vari orologi Patek Philippe e ha investito in immobili nella Svizzera francese. I due si professano innocenti. Da parte sua, 1MDB, accusatrice privata nella procedura, spera di recuperare circa 240 milioni di franchi congelati in Svizzera, il 20% dei quali sotto forma di beni immobiliari. Il processo durerà almeno quattro settimane e, considerata la posizione delle parti, è opportuno aspettarsi scintille.

Pubblicato il

28.03.2024 13:35
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