Cosa sta succedendo nell’edilizia dopo le proteste

La penultima tornata di trattative per il rinnovo del Contratto mantello ci dice che gli impresari costruttori sono ora pronti a trattare davvero

E se davvero si risolvesse tutto, calcisticamente parlando, in zona Cesarini? La prima delle due tornate di trattative straordinarie, i minuti di recupero, tra impresari costruttori e sindacati, che si è tenuta ieri, ha restituito segnali positivi. Ora sembra quantomeno che la società degli imprenditori edili sia davvero pronta a trattare in maniera seria. Sono serviti 15000 operai nelle piazze di tutte le regioni linguistiche della Svizzera per convincerli in parte a desistere rispetto al peggioramento delle condizioni di lavoro degli edili (guarda il video della manifestazione a Basilea). Forse tra gli impresari costruttori sta prevalendo la linea di chi non vuole andare ai calci di rigore. L’accordo però non è dietro l’angolo. Ci sono state delle aperture, ma per i sindacati non sono ancora sufficienti.

 

Dopo la protesta

 

In un’intervista rilasciata a work, Nico Lutz, co-responsabile Unia del settore edile, ha ricostruito brevemente le tappe della trattativa. Ha dichiarato che fino ad agosto, gli impresari non avevano avanzato precise rivendicazioni, ma avevano fatto intravedere soltanto i loro piani per smantellare il Contratto nazionale mantello (Cnm). Soltanto a partire da settembre hanno avanzato proposte più concrete e precise, come il modello 23+, in cui chiarivano il proprio progetto di flessibilizzazione estrema dell’orario di lavoro, presentandolo sui propri canali come proposta per venire incontro alle esigenze dei lavoratori edili.

 

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Gli edili non si sono fatti abbindolare e hanno deciso di opporsi. Questo non ha lasciato gli impresari costruttori indifferenti. Qualche segnale positivo è arrivato sul tema dei lavoratori più anziani già a partire dalla tornata del 14 novembre. Chris Kelley, co-responsabile del settore edile presso Unia, ha dichiarato: «In questa tornata la società degli impresari costruttori si è dimostrata disposta a non peggiorare le condizioni di lavoro dei dipendenti più anziani, ma è rimasta pressoché ferma sulla flessibilizzazione». Nella tornata straordinaria del 22 novembre, «i segnali di apertura sono diventati ancora più chiari e hanno riguardato anche la pianificazione del lavoro. Gli impresari sembrano voler rinunciare alle richieste di estendere le giornate lavorative in estate e di poter programmare 9,6 ore lavorative nell'arco di alcune settimane».

 

Le divergenze permangono

 

Il padronato si rifiuta però ancora di apportare miglioramenti concreti per far fronte all'aumento della pressione e dello stress sui cantieri: nessuna compensazione dei tempi di spostamento dei lavoratori e nessun miglioramento nell’ambito del tempo di lavoro. Inoltre, non vuole concedere un adeguamento dei salari al costo della vita: intende aumentare i salari minimi di 60 franchi per il 2023. Questo sarebbe meno della metà dell'aumento del costo della vita. I nuovi assunti avrebbero quindi meno potere d’acquisto. Un fattore che inciderebbe sicuramente sull’attrattività del settore che già oggi fatica a trovare operai qualificati. Le posizioni sui salari effettivi non sono così distanti: il sindacato Unia chiede 190 franchi per il 2023, gli impresari sono disposti a concederne 150. Per il 2024, la società degli impresari costruttori prevede però un aumento soltanto dell'1%. L’ultima tornata si terrà il 28 novembre, dopodiché sapremo se la zona Cesarini sarà stata decisiva, oppure se dovremo andare ai calci di rigore: una soluzione che fuor di metafora potrebbe significare scioperi sui cantieri a partire dal 2023. Kelley è chiaro in tal senso: «La conferenza professionale di settore del 10 dicembre deciderà rispetto al risultato delle trattative. In assenza di un accordo, dal 1° gennaio 2023 ci sarà comunque un vuoto contrattuale. Se questo accadrà prevediamo ulteriori mobilitazioni e scioperi a partire dal nuovo anno». 

 

 

Pubblicato il

23.11.2022 16:40
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