I disoccupati si arrangino

Giovani, disoccupati di lungo corso, donne, lavoratori anziani, Cantoni e Comuni. Sono le principali vittime delle nuove disposizioni introdotte dal Parlamento nella Legge sull'assicurazione contro la disoccupazione (Ladi). Anche se per un'approvazione definitiva del testo dovremo attendere la primavera 2010, l'indirizzo della riforma (più correttamente: della controriforma) è chiaro: per ridurre le uscite di quasi 800 milioni all'anno si operano tagli indiscriminati alle prestazioni, il che renderà inevitabile il lancio di un referendum da parte sindacale.

Il quadro della situazione si è fatto chiaro settimana scorsa, quando la maggioranza borghese del Consiglio nazionale in un paio di giorni, proprio mentre presso gli uffici regionali di collocamento di tutta la Svizzera venivano registrati circa 270 nuovi disoccupati (perché questo è il ritmo di crescita), ha usato la scure, andando addirittura oltre i propositi del governo, per far fronte al debito strutturale di questa importante assicurazione sociale. Una scure che va a colpire essenzialmente due categorie di persone.
Innanzitutto i giovani, il cui tasso di disoccupazione durante questa crisi è cresciuto enormemente: a fine novembre i senza lavoro tra i 15 e i 24 anni erano già 29.336, il 65 per cento in più dello stesso mese dell'anno prima e poco meno della soglia critica di 30 mila, che fino a pochi mesi fa la Segreteria di stato dell'economia prevedeva venisse raggiunta solo verso la metà del 2010. Le misure previste (che contemplano, oltre all'obbligo di accettare qualsiasi lavoro indipendentemente dalla formazione, tagli alle prestazioni e periodi di attesa, vedi riquadro) equivalgono a una criminalizzazione dei giovani, come se fossero loro i responsabili di questa crisi economica innescata dagli abusi delle grandi banche e dalle follie dell'intero sistema finanziario.
Ad essere severamente puniti dalla nuova Ladi sono anche i disoccupati di lunga durata, a cui viene per esempio revocato il diritto, nelle regioni particolarmente toccate dalla disoccupazione, di beneficiare delle indennità di disoccupazione per 520 giorni, come attualmente è il caso per esempio nel Canton Neuchâtel e tra qualche mese potrebbe esserlo anche per il Ticino. A patirne le conseguenze sarebbero soprattutto i più anziani che sempre più facilmente vengono espulsi dal mondo del lavoro e che sempre più difficilmente riescono a rientrarvi.
E alla fine anche Cantoni e Comuni saranno chiamati alla cassa per far fronte all'aumento di persone che esauriscono il diritto alle indennità di disoccupazione e inevitabilmente cadono nella rete dell'aiuto sociale. Un trend che ogni mese viene confermato dai dati sui senza lavoro diffusi dalla Seco. Dati che non lasciano molto spazio all'ottimismo: le persone in cerca di impiego hanno già superato 200 mila unità e si teme che presto saranno altrettanti i disoccupati registrati, che andranno ad aggiungersi alle circa 50 mila persone già costrette al lavoro ridotto. Ancora una volta insomma il Parlamento tenta di far pagare il prezzo della crisi non a chi l'ha provocata ma alle sue vittime più deboli. Questa volta è il turno dei disoccupati, ma nessuno viene risparmiato dalle politiche di smantellamento dello stato sociale: ne sanno qualcosa i salariati, i pensionati, le donne, gli invalidi e i malati.


E i giovani pagano di più

I dati pubblicati dal Seco confermano un aumento preoccupante della disoccupazione giovanile, che sfiora i 30 mila giovani nel mese di novembre. area ha raccolto la testimonianza di una di loro.

Come confermano i recenti studi in materia: i giovani fanno particolarmente fatica a trovare un posto di lavoro. Il mercato è alla ricerca di persone con esperienza pluriennale e chi ha appena lasciato i banchi di scuola, non può certamente vantare anni di esperienza. I neo-laureati si trovano di fronte ad un circolo vizioso: dopo anni passati a studiare, scoprono che manca loro l'esperienza per ottenere un posto di lavoro, che è però indispensabile per creare quell'esperienza richiesta. Nonostante le difficoltà già esistenti, il Governo (che si dice preoccupato per il fenomeno) si appresta ad attuare una modifica della Legge sulla disoccupazione (Ladi) che penalizzerà particolarmente i giovani (vedi articolo sopra).
area ha raccolto la testimonianza di Laura, 27 anni, laureatasi un anno fa al politecnico di Milano in design della comunicazione e attualmente disoccupata. Se le modifiche della Ladi fossero già in vigore, per lei la situazione sarebbe ulteriormente difficile.
«Finito il politecnico, volevo tornare in Ticino e ho cominciato ad inviare il mio curriculum a varie aziende già prima di aver terminato gli studi. Sapevo che non è facile trovare il lavoro dei propri sogni al primo colpo, quindi ero pronta ad accettare anche qualcosa fuori dal mio campo specifico di studi», racconta Laura. «Nel frattempo Massimo, con il quale convivevo già da qualche tempo a Milano, ha trovato lavoro in Ticino, così ci siamo trasferiti. Io però continuavo a non trovare nulla e i mesi passavano».
Non avendo nessuna intenzione di farsi mantenere dal suo compagno, né tantomeno dai suoi genitori, Laura si è iscritta alla disoccupazione, anche pensando che forse così avrebbe avuto un aiuto più concreto nella ricerca di un lavoro. «Ho accettato il primo lavoro che mi è stato proposto dal consulente dell'ufficio di collocamento, ma purtroppo la ditta ha chiuso, così mi sono ritrovata ai piedi della scala – racconta - Il secondo lavoro che mi è stato proposto non c'entrava con la mia formazione, ma l'ho preso un po' come una sfida, per imparare qualcosa di nuovo. Solo che le responsabilità erano troppe e non mi sentivo assolutamente idonea per quel posto, ho retto cinque mesi e poi non ce l'ho più fatta e mi sono licenziata».
È quasi con un senso di colpa che Laura affronta questa difficile decisione «In un periodo di crisi come questo è da matti licenziarsi, tutti ti giudicano male, ma ero sull'orlo di un esaurimento. Forse ad alcuni sarebbe sembrato più logico tenersi il lavoro, fare un esaurimento nervoso e poi dover stare in malattia per alcuni mesi» spiega, come a doversi giustificare.
È difficile anche rassegnarsi al fatto di aver passato anni a studiare e a formarsi, per poi dover mettere questo bagaglio in un cassetto ed imparare tutto da capo, magari reinventandosi completamente. «Non ho scelto a caso i miei studi, ma in base a quello che credo siano le mie capacità e le mie attitudini, e mi sembra sciocco e sprecato dover per forza di cose accettare un lavoro che non tenga minimamente conto di questo. Mi sembrano anni di studio e impegno sprecati» continua Laura. La sua esperienza dimostra come possa essere difficile, nonostante le migliori intenzioni, adattarsi a fare un lavoro per il quale non si è formati e per il quale ci si sente inadeguati. Lei ha accettato questo lavoro senza esserne obbligata, ma se la modifica di Legge fosse già stata in vigore, non avrebbe avuto scelta, avrebbe dovuto accettare qualsiasi tipo d'impiego.
Ora si trova di nuovo ai piedi della scala, ed essendosi licenziata non sa ancora se avrà diritto alle indennità di disoccupazione. Per il momento se la cava con qualche lavoretto come free lance, ma non sempre i soldi guadagnati così bastano per sbarcare il lunario: «Se dovessero dirmi che non ho diritto alla disoccupazione dovrei trovarmi velocemente un lavoro qualsiasi per forza, non posso andare avanti così ancora per molto e non voglio farmi mantenere dal mio compagno o andare in assistenza».
Sogni e speranze per il futuro, come ogni giovane, li ha anche Laura, pur restando molto cauta nell'esprimerli, quasi non volesse illudersi: «Spero di riuscire ad inserirmi in un'attività lavorativa appagante e che abbia un legame con quello che ho studiato, che mi permetta di sfruttare quello che so e di essere anche utile. Se però questo ambiente non dovessi trovarlo, se non dovesse esistere, spero comunque di trovare un lavoro che mi permetta di fare quello che so fare e non mi costringa invece a confrontarmi costantemente con quello che non so fare».

Pubblicato il

18.12.2009 01:00
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