“Stephan Schmidheiny va processato per omicidio volontario”

Depositata la richiesta di rinvio a giudizio. Decisione entro l'estate

Per il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, appena “graziato” dalla prescrizione nell’ambito di un primo procedimento per disastro ambientale, potrebbe presto aprirsi in Italia una nuova stagione di processi per i morti d’amianto causati dalla sua attività imprenditoriale alla testa della multinazionale Eternit tra la metà degli anni Settanta e la metà degli Ottanta.

Il primo dei tre i procedimenti pendenti a suo carico entrerà in una fase decisiva prima dell’estate con la cosiddetta “udienza preliminare”, nell’ambito della quale sarà valutata la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio volontario aggravato, presentata nei giorni dalla Procura di Torino.


In particolare dal sostituto procuratore Raffaele Guariniello, magistrato simbolo a livello internazionale della lotta contro i reati commessi nell’ambito del lavoro e della salute e grande artefice del maxi-processo Eternit, conclusosi lo scorso 19 novembre 2014 con la sentenza della Corte di Cassazione che, per intervenuta prescrizione del reato, ha annullato la condanna di Schmidheiny a 18 anni di carcere per disastro ambientale doloso permanente inflitta in precedenza dalla Corte d’appello di Torino (articolo qui sotto).


Ma nella nuova richiesta di rinvio a giudizio si ipotizza un reato ben più grave, che non corre certo alcun rischio legato alle norme sulla prescrizione. Quello di omicidio volontario aggravato nei confronti di 258 persone, 66 ex lavoratori degli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato (Alessandria) e Cavagnolo (Torino) e 192 cittadini residenti nelle vicinanze morti tra il 1989 e il 2014 a causa dell’amianto disperso negli ambienti di lavoro e di vita dalle sue fabbriche.
Stephan Schmidheiny, «nonostante sapesse della pericolosità dell’amianto», ha «somministrato comunque fibre della sostanza», afferma la magistratura torinese ipotizzando quali aggravanti i motivi abietti, la volontà di profitto, e il mezzo insidioso (l’amianto).


A differenza che nel primo processo, incentrato su un reato cosiddetto “collettivo”, nell’Eternit bis viene contestato a Schmidheiny ogni singolo caso di decesso per malattie riconducibili all’amianto (in particolare il mesotelioma pleurico) in cui le indagini hanno consentito di evidenziare il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri liberate dagli stabilimenti incriminati e la morte del soggetto. Ciò sulla base di un’analisi dettagliata delle cartelle cliniche e della ricostruzione della posizione di ogni singola vittima, per quanto attiene al periodo di esposizione, alla storia lavorativa e abitativa, alle patologie sviluppate, alle cause di morte eccetera.


«Ora suona la campana dell’omicidio», ama sintetizzare Raffaele Guariniello, che contro l’ex padrone dell’Eternit sta conducendo altre due inchieste per questo medesimo reato. Una, che dovrebbe sfociare in un processo "Eternit ter”, riguarda circa 200 casi di cittadini italiani che in passato hanno lavorato negli stabilimenti svizzeri dell’Eternit di Niederurnen (Glarona) e Payerne (Vaud) e che in seguito si sono ammalati e sono morti per una patologia dovuta all’esposizione all’amianto. Casi che è stato possibile individuare attraverso un’indagine epidemiologica ordinata dai magistrati torinesi dopo che avevano ottenuto, con faticosissime rogatorie in Svizzera, i nominativi degli ex lavoratori. Tra gli indagati di questo filone, oltre a Stephan Schmidheiny c’è anche il fratello Thomas per il breve periodo in cui è stato alla testa di Eternit Svizzera.


C’è infine una terza inchiesta che coinvolge Stephan Schmidheiny per le morti causate dall’ex amiantifera di Balangero (Torino), la più grande cava d’Europa, attiva fino al 1990, controllata e amministrata da Eternit per molti anni. Anche in questo caso i morti considerati dagli inquirenti, ex minatori ma anche molti cittadini che nella cava non ci hanno mai messo piede, sono più di 200. L’accusa contro il miliardario svizzero: omicidio volontario continuato e pluriaggravato.


Riferendo (in parte) delle nuove inchieste nei confronti di Schmidheiny, la stampa elvetica “che conta” si è già nuovamente lasciata andare a commenti di condanna, ovviamente nei confronti dei magistrati e non dell’accusato di omicidio volontario. Il Tages Anzeiger, riferendosi al breve tempo intercorso dalla sentenza della Cassazione di annullamento della condanna del 19 novembre 2014, scrive: “Solo un breve sospiro di sollievo per Schmidheiny”. Un’ironia perlomeno fuori luogo, tenuto conto delle migliaia di persone a cui Schmidheiny con il suo amianto, il sospiro l’ha tolto per davvero. E per sempre.

Pubblicato il

04.03.2015 23:24
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