Un documento prezioso

I padroni dell'Eternit sapevano almeno dal 1968 che l'amianto uccide l'uomo e devasta l'ambiente, ma sono andati avanti ugualmente a lavorarlo per decenni, fedeli alla loro "dottrina economica" che antepone il profitto a ogni altra cosa, anche alla salute e alla vita di migliaia di lavoratori e cittadini.
A Casale Monferrato, la "città martire" in provincia di Alessandria dove la presenza fino al 1986 di uno stabilimento della multinazionale svizzero-belga ha già causato la morte di 1.800 persone e ancora oggi continua a provocare un decesso e un nuovo malato ogni settimana, questa è una verità storica ben conosciuta. Almeno sin dagli anni '70, quando i troppi annunci funebri affissi all'albo della fabbrica diedero il "la" alle prime storiche battaglie sindacali, quando i lavoratori che protestavano per la troppa polvere venivano licenziati oppure spediti a lavorare in un reparto ancora più sporco che in gergo veniva chiamato "il Cremlino" (perché di solito a finirci erano quelli di sinistra), quando gli stessi operai venivano messi in guardia dal pericolo legato al fumo delle sigarette ma non dalla minaccia della polvere killer in mezzo alla quale lavoravano per portare a casa il pane, perché troppo grandi erano gli interessi economici.
Ora, questa verità storica è anche una verità giudiziaria, perché accertata dai giudici del Tribunale di Torino in un accurato processo in cui hanno passato alla lente la storia industriale dell'Eternit e il comportamento criminale dei suoi padroni, il belga Jean Louis De Cartier e il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, entrambi condannati a 16 anni per la strage prodotta dalle loro fabbriche in Italia. E in particolare per aver agito «con la piena conoscenza e la perfetta consapevolezza di ciò che sarebbe effettivamente accaduto», scrive la Corte nel documento di motivazione della sentenza (vedi a pag.11).
Un documento prezioso dal profilo storico, perché per la prima volta al mondo mette nero su bianco i nomi e i cognomi dei massimi responsabili della strage dell'Eternit. Ma anche dal profilo giudiziario perché, oltre a rendere un po' di giustizia alle donne e agli uomini protagonisti di questo processo, esso rafforza le tesi accusatorie sostenute dalla Procura: ciò apre prospettive incoraggianti in vista del processo di appello e per molte altre vittime che rientreranno nei nuovi procedimenti penali che stanno per essere avviati contro i vertici dell'Eternit, stavolta per il reato di omicidio e in relazione a fatti avvenuti anche in stabilimenti fuori dal territorio italiano, compresi quelli svizzeri di Niederurnen e Payerne.

Pubblicato il

24.05.2012 00:30
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