Il Festival internazionale del film di Locarno è un bene estremamente prezioso per il territorio che lo ospita. Lo è sia in termini economici che culturali. E lo è anche per il potenziale di sviluppo e per il ruolo di traino che, a determinate condizioni, potrebbe svolgere a vantaggio di tutto il Ticino. Nessuna novità, queste cose si sono sempre dette. Ma ora sono pure state confermate da un interessante studio dell’Università della Svizzera italiana (Usi), presentato venerdì scorso. Qualche dato assai interessante però è emerso in particolare per quel che concerne l’impatto culturale della rassegna. Intanto si conferma quanto più volte scritto anche su queste colonne: il Festival in Ticino rischia di soffocare sotto una cappa di consenso massmediatica che, nell’intento di proteggerlo, ma anche per inadeguatezza di chi tratta l’argomento specie sui giornali, finisce con l’affermarne fino alla noia i meriti, favorendo così il mantenimento dello statu quo e negando cittadinanza ad osservazioni critiche che, quelle sì, sono suscettibili di far evolvere la rassegna. Ma interessanti sono anche le osservazioni critiche che una minoranza consistente di interpellati fra il pubblico ha sollevato. Come una percettibile perdita d’identità del Festival, una difficoltà nell’orientarsi in un’offerta che forse non è eccessiva ma che rischia di essere troppo disarticolata, un minor coraggio nelle scelte di programmazione e un’evidente episodicità che non ha ricadute durature sul territorio. Su quest’ultimo punto lo studio dell’Usi mette in risalto il potenziale del Festival. Si tratterebbe ad esempio di pensare al Festival con le sue eccezionali competenze e capacità anche come un centro di servizi altamente professionali a disposizione di altre iniziative culturali. Un’idea che durante la sua breve presidenza Giuseppe Buffi ebbe solo il tempo di abbozzare e che poi è stata lasciata cadere di fronte alle urgenze degli scorsi anni. Un’idea che, per essere attuata, richiede la ridefinizione del mandato che il Cantone attribuisce al Festival e, quindi, un corrispondente aumento del credito. Utopia, di questi tempi, pensare che il messaggio ora in preparazione per il prossimo contributo quinquennale contenga indicazioni in questo senso. Ma se, giustamente, al Festival si chiede più coraggio nelle scelte di programma, altrettanto si deve fare con la politica nel sostegno alla cultura. Perché in quest’ambito solo chi avanza non rimane indietro.

Pubblicato il 

21.01.05

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato