ROMA Meloni, La Russa, Delmastro, Rauti, Sangiuliano, Pozzolo e via scorrendo l’elenco di ministri, sottosegretari e cacicchi del partito erede dei criminali mussoliniani non perdono occasione per ricordarci che loro, antifascisti, non lo saranno mai. Magari antinazisti, i più audaci arrivano ad avanzare qualche rispettosa critica alle leggi razziali del duce. Ma antifascisti, mai. Se ne parla in Italia, se ne parla in un’Europa che vede nero dalla Germania alla Francia, di fronte al video che ritrae più di mille camerati vestiti di nero e schierati come un battaglione nazista mentre fanno all’unisono il saluto romano urlando presente. Lo stesso saluto che hanno fatto in tribunale i soci dei fasci condannati per la devastazione della sede della CGIL, lo stesso che si ripete ai funerali, alle adunanze per i camerati defunti o alle cene per ricordare la marcia su Roma – la prima, quella di Mussolini e non la seconda, quella di Giorgia Meloni. Neanche al binario 21 della stazione di Milano da dove partivano i vagoni blindati per l’ultimo viaggio verso Auschwitz degli ebrei italiani, la seconda carica dello Stato Ignazio La Russa accetta di dirsi antifascista, pur avendo al suo fianco la senatrice Liliana Segre. Il ministro della cultura, quel Gennaro Sangiuliano che ha arruolato Gramsci tra i filosofi della destra e Dante Alighieri addirittura come fondatore del pensiero di destra, al giornalista che gli chiede “lei è antifascista?” risponde piccato: “E lei è anticomunista?”. Nessuno gli ha spiegato che i comunisti sono stati la componente principale della Resistenza che ha liberato l’Italia dal nazifascismo. O se ne ricorda all’improvviso e dice che lui, se ci fosse stato avrebbe fatto la Resistenza nella brigata di Edgardo Sogno, monarchico e campione dell’anticomunismo, golpista e candidato per Alleanza nazionale.
Pino Rauti è stato volontario nella Repubblica sociale di Salò, inquadrato nella Guardia repubblicana, poi incarcerato per attentati, quindi Msi alla destra del fucilatore Almirante, Ordine Nuovo, impicciato nelle stragi fasciste degli anni Sessanta e Settanta a partire da Piazza Fontana, sempre a destra nei e dei partiti eredi del fascismo. Sua figlia Isabella, già moglie di Alemanno che ha fondato un partito a destra di Fratelli d’Italia, ora è sottosegretaria alla Difesa e ha promosso il calendario dell’esercito intitolato “Per l’Italia sempre prima e dopo l’8 settembre” del ’43. Ed ecco riabilitate le armi fasciste. Mio padre Nuto, scrive Marco Revelli, ufficiale mandato al massacro sul Don da Mussolini e salito in montagna con i partigiani dopo che l’esercito si era rifiutato di combattere contro i nazisti, si rivolta nella tomba. Contemporaneamente, la Corte di Cassazione ha sentenziato che il saluto romano è apologia di fascismo solo quando per le modalità e il contesto integra il “concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Dunque, a funerali e commemorazioni si può. Plaudono i fascisti di governo, sghignazza La Russa e si eccita Sangiuliano.


C’è una critica non immotivata che si può riassumere così: se la sinistra insiste a occuparsi di queste cose, trascurando quel che il governo Meloni sta facendo concretamente e che tocca la vita, la salute e gli interessi degli italiani, continuerà a perdere le elezioni. Ma siamo sicuri che non ci sia un rapporto tra il turboliberismo atlantista della Meloni e gli ideali su cui si radica la sua azione? Il “capitalismo della sorveglianza” chiede più armi per difendersi (e offendere), leggi contro i rave e a seguire contro gli assembramenti, i cortei non autorizzati, le proteste sindacali e quelle dei movimenti ambientalisti. Ordine e disciplina. L’attacco ai poteri dello Stato, lo svuotamento di quello legislativo attraverso l’abuso dei decreti governativi, l’attacco quotidiano alla magistratura e alla sua autonomia e alle prerogative del presidente della Repubblica con il premierato, disegnano un nuovo ordine basato sull’uomo forte. Uomo o donna che sia, non ci ricorda nulla? Stanno cambiando la costituzione materiale per far passare sotto silenzio – Rai e informazione sono già state normalizzate – lo stravolgimento della Costituzione formale, quella scritta dopo e grazie alla sconfitta del nazifascismo. La disaffezione nei confronti della politica sta diventando odio e rancore dei cittadini e si manifesta nell’astensione di massa alle elezioni che riguarda soprattutto le forze progressiste che quando governavano l’Italia non hanno fatto nulla per i ceti sociali più colpiti dalla crisi, per fermare le diseguaglianze, per disegnare un altro modo di vivere, relazionarsi, far politica, allargare la partecipazione popolare, difendere il bene comune, il diritto alla salute e a un salario giusto. Così oggettivamente è stata premiata la destra, il populismo contro il popolo, l’odio verso i poveri, l’allargamento delle diseguaglianze, il sostegno ai più ricchi e agli evasori, il bellicismo.


L’opposizione che oggi chiede alle destre dominanti di fare quel che la sinistra al governo non ha fatto risulta poco credibile nell’immaginario collettivo. E così, per ora in un silenzio assordante, sta passando l’autonomia differenziata che aiuta i più forti e colpisce i più deboli, cioè il Mezzogiorno. E si prepara il secondo vulnus della Costituzione, il presidenzialismo. In un paese dove dalla pandemia sono raddoppiati i miliardari (da 36 a 63) ed è cresciuto del 46% il loro patrimonio, il governo si rifiuta di tassare gli extraprofitti; in un paese in cui, nello stesso arco di tempo, il 20% più povero ha dimezzato la sua “ricchezza” dallo 0,51% allo 0,27% della ricchezza totale, il governo ha tolto il reddito di cittadinanza; in un paese in cui non si fanno più figli il governo Meloni ha aumentato le tasse su pannolini e latte in polvere.
Tutti questi aspetti, un impasto di fascismo, odio di classe, accentramento dei poteri, si tengono insieme. Insieme andrebbero combattuti.

Pubblicato il 

29.01.24
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