Ci rechiamo alla Masseria di Cornaredo in un mezzogiorno d’inverno, mentre un discreto gruppo di uomini e donne mangia. Fra Martino Dotta, il direttore del Centro Bethlehem, della Fondazione Francesco che gestisce la struttura, ci chiede discrezione: «La mensa sociale è ancora associata a quella dei poveri e alcuni si vergognano».

Certo, comprendiamo, ci sediamo e osserviamo. Giovani, qualche straniero e anche over 65. Fra Martino, ma anche i “nostri” anziani ricorrono al pasto popolare? «Sì, e in misura sempre crescente. Le persone con un’Avs minima sono numerose e fra rincari sui beni di prima necessità, casse malati alle stelle, affitti sempre più cari, aumento dei costi energetici, devono tirare la cinghia: tutto più caro, mentre i soldi sono sempre gli stessi. Poi lo Stato ci mette del suo: Berna ha negato la piena compensazione dell’inflazione ai pensionati, la nuova Legge sulle prestazioni complementari che impone agli eredi di restituire i contributi e, quindi, in molti preferiscono rinunciarci per non lasciare debiti ai figli».

La situazione è grave e sta venendo a galla. Per Fra Martino, il quale è pure direttore di Casa Martini a Locarno, con mensa e 16 posti letto per chi è in difficoltà, lo spartiacque, che ha reso visibile il fenomeno della povertà fra i residenti, coincide con il Covid. «Fino ad allora alla mensa della casetta gialla si rivolgevano soprattutto chi, proveniente da Comasco e Varesotto, cercava qui lavoro. In piena pandemia le frontiere sono state chiuse, e abbiamo iniziato a distribuire cibo con la formula del take-away alla popolazione locale. Rientrata l’emergenza sanitaria, e con il trasferimento nei nuovi spazi della masseria, abbiamo mantenuto la possibilità del pranzo da asporto, rendendoci conto che per alcuni pensionati residenti quel piatto completo a un prezzo simbolico di 5 franchi andava a risolvere un problema economico, ma non volevano farsi vedere, fermandosi in mensa».            

A dare le dimensioni del fenomeno è il fatto che a usufruire del pasto sia nella misura del 60/65% residenti. Nel 2023 la distribuzione quotidiana dei pasti nelle mense di Lugano e Locarno di Fra Martino è quasi raddoppiata. In tutto, giornalmente, la Fondazione Francesco offre un centinaio di pasti e la tendenza, nei primi mesi del 2024 evidenzia un ulteriore picco delle richieste di aiuto.

Il prezzo dell’isolamento sociale

Erica, nome di fantasia, è una nostra conoscente: ha 78 anni ed è ancora in forma, ma la ristrettezza di mezzi economici, e quindi, la possibilità di avere una vita sociale fatta di caffè e uscite con le amiche, la porta a rintanarsi fra le mura domestiche, in mezzo a decadenti mobili in un appartamento popolare: un isolamento sociale che la sta facendo diventare una vecchietta. Sempre chiusa in casa, luci spente per non consumare, la fissa dei caloriferi abbassati e il frigo più vuoto che pieno («ma io mangio poco» si giustifica), le raccontiamo della mensa di Fra Martino, dove potrebbe trovare persone della sua età con cui mangiare e passare del tempo in compagnia. «Alla mensa dei poveri? Ma non sono mica una pezzente! E poi io ho i miei sistemi: nei vari supermercati, offrono spesso del cibo. Assaggia di qua, assaggia di là e io mi riempio subito. Mi ricordo di una volta che distribuivano mele in piazza a Lugano: ho riempito così tanto la borsa da non riuscire a portarla, ma mi sono fatta una bella scorta». Erica, ticinese divorziata, non ha non ha mai lavorato fuori casa («ai miei tempi si curavano i figli»), resta convinta del fatto che la povertà è un affare privato. Quando prende al mese non lo dice, confida di percepire le Prestazioni complementari e non pagare così la cassa malati: «È dura, ma appartengo a una generazione che sa resistere».    
«Un altro tema è che non tutti coloro che avrebbero diritto alle prestazioni per completare l’Avs, le richiedono. C’è molta disinformazione al riguardo» aggiunge Luca Molteni, coordinatore del Centro Bethlehem di Lugano.

 

Gli stessi problemi sono riscontrati a Casa Astra, il centro di prima accoglienza di Mendrisio: «Quando abbiamo aperto venti anni fa, sembrava quasi un atto sovversivo parlare di povertà da noi. Da tempo gli ospiti sono soprattutto residenti e svizzeri: indicatore di un cambiamento profondo che tocca il territorio. Ultimamente abbiamo seguito due pensionati residenti sfrattati. Non sapevano a chi e come chiedere aiuto. Abbiamo fatto da ponte con i servizi sociali» spiega il direttore Donato Di Blasi.

             
Le prime antenne del disagio economico sul territorio sono proprio gli enti di solidarietà come il Tavolino Magico. «Oggi in Ticino i centri di distribuzione sono 16, una ventina le mense sociali e sono saliti a 3000 i titolari della tessera che ogni settimana si recano a ritirare la borsa della spesa : 200 persone in più rispetto all’anno scorso» sottolinea la portavoce Simonetta Caratti, la quale sottolinea il grande senso di vergogna provato dagli anziani a ricorrrere a questo aiuto.     

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Pubblicato il 

05.02.24
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