“Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!”. Si può ricorrere a questa celebre metafora popolare per comprendere il messaggio politico dato oggi dal Consiglio federale con le sue prime decisioni in materia di finanziamento della 13esima rendita AVS, accettata in votazione popolare lo scorso 3 marzo. Per far fronte ai maggiori costi causati dalla misura, prevede infatti di andare a prendere i soldi quasi esclusivamente dalle tasche dei salariati e dei cittadini. E oltretutto diminuisce il contributo della Confederazione all’AVS.

 

È quanto si può dedurre dalle ipotesi di finanziamento della 13esima rendita (che sarà versata una volta all’anno, verosimilmente a dicembre, a partire dal 2026) presentate oggi. Un finanziamento che il governo, “per non compromettere la situazione finanziaria dell’AVS, vuole garantire già al momento della sua introduzione”, si legge nel comunicato stampa.

 

Al vaglio ci sono attualmente due varianti: la prima, piuttosto sociale e sopportabile, prevede un aumento dei contributi salariali dello 0,8%, 0,4 a carico del lavoratore e 0,4 a carico del datore di lavoro, mentre la seconda prevede una soluzione mista con un aumento delle trattenute salariali dello 0,5% e un innalzamento dell’IVA, tassa antisociale per eccellenza, di 0,4 punti percentuali. «Il Consiglio federale è cosciente dell’impatto sul lavoro e sui prezzi», ma quest’ultima soluzione «permetterebbe di ripartire l’onere supplementare sull’intera popolazione», ha commentato in conferenza stampa la capa del Dipartimento federale dell’Interno (DFI) Elisabeth Baume-Schneider, annunciando anche l’intenzione di ridurre il contributo fisso della Confederazione all’AVS dall’attuale 20,2 al 18,7 per cento a partire dal 2026 e fino all’entrata in vigore della prossima riforma, che il Consiglio federale elaborerà entro due anni. Anche per compensare questo disimpegno della Confederazione, il governo suggerisce due piste: prelevare i soldi necessari dal Fondo di compensazione AVS oppure aumentare le entrate: o attraverso un aumento supplementare dello 0,2% dei contributi salariali o con un aumento combinato dei contributi salariali e dell’IVA, rispettivamente di 0,1 e 0,2 punti.

 

È dunque sulla base di questi parametri che il DFI preparerà un progetto per garantire l’attuazione e il finanziamento della 13esima AVS (che si stima costi inizialmente 4,2 miliardi che saliranno a 5 dopo 5 anni) da porre in consultazione entro l’estate. Questo in modo da poter sottoporre il messaggio al parlamento in autunno. «Non ci sono grandi alternative», ha affermato Baume-Schneider definendo la soluzione proposta «equilibrata» e chiarendo che il Consiglio federale non ha valutato altre proposte oggetto di dibattito politico in queste settimane (come l’introduzione di un’imposta sulle transazioni finanziarie, una tassa federale di successione o un aumento dell’imposta federale diretta) perché per realizzarle sarebbe «necessario un dibattito approfondito per cui non c’è tempo», tenuto conto che la 13esima andrà versata nel 2026.

 

La stabilizzazione finanziaria dell’AVS sarà comunque al centro di una nuova riforma (che dovrebbe entrare in vigore per il 2030) ed eventualmente in quell’ambito potranno essere discusse altre idee, ha lasciato intendere la ministra della sanità. Scrive però il Consiglio federale: “Andranno vagliate anche misure strutturali quali l’aumento dell’età di riferimento…”. E Baume-Schneider, sollecitata da un giornalista, prudentemente precisa: «Si può pensare più che altro a una flessibilizzazione dell’età di pensionamento».

 

Il Consiglio federale sembra non aver colto in pieno il messaggio lanciato dai cittadini che il 3 marzo hanno silurato l’iniziativa della destra per l’innalzamento dell’età pensionabile e plebiscitato la 13esima AVS, segnalando così una diffusa fragilità finanziaria nella popolazione pensionata (e non solo). Una fragilità che non si combatte certamente aumentando l’IVA.  

Pubblicato il 

27.03.24