L'editoriale

Il socialista basilese Beat Jans al posto del dimissionario Alain Berset e riconferma per gli altri sei membri in carica che sollecitavano un nuovo mandato. Dunque nessuno scossone e strada sbarrata alle ambizioni (peraltro velleitarie) dei Verdi di diventare forza di governo a scapito del Partito liberale-radicale (oggettivamente sovrarappresentato rispetto al suo peso elettorale). È l’esito, non scontato ma prevedibile, dell’elezione generale del Consiglio federale di mercoledì da parte dell’Assemblea federale, in cui hanno dominato i giochi di potere tra i partiti di governo.

Giochi che tendenzialmente premiano il centrodestra, che mantiene la sua maggioranza e i suoi uomini nell’esecutivo, tutti rieletti in modo più o meno brillante (compreso il ticinese Ignazio Cassis, nonostante i tanti giudizi critici sul suo operato), che ha eletto il candidato socialista (apparentemente) più incline al compromesso ed è anche riuscito a creare una spaccatura a sinistra: con il gruppo socialista che ha negato il sostegno al candidato ecologista Gerhard Andrey nel nome di un “patto” con gli altri partiti di governo per la riconferma di tutti gli uscenti in cambio dell’impegno dell’altra parte a scegliere quale successore di Berset uno dei due candidati ufficiali. Come poi è effettivamente andata con l’elezione di Jans, anche se la destra non si è astenuta dalla provocazione, votando fino all’ultimo per lo zurighese (non candidato) Daniel Jositsch, che a sua volta non si è sottratto a un comportamento arrogante nei confronti del suo partito rifiutandosi di uscire dalla corsa dopo il primo o il secondo turno di elezione. Col risultato di essersi piazzato al secondo posto lasciandosi dietro il candidato ufficiale Jon Pult, vittima sacrificale della scelta del professore zurighese di anteporre, ancora una volta, le ambizioni personali agli interessi del partito.

 

Ma questi screzi dentro e tra le forze politiche, che non mancheranno di avere strascichi, sono ininfluenti per gli interessi generali delle cittadine e dei cittadini, che necessitano di risposte e soluzioni a problemi contingenti e reali, che riguardano il lavoro, il salario, le pensioni, i diritti, l’ambiente.
Guardando alla composizione del rinnovato Consiglio federale (fotocopia di quello in carica) dominato da una maggioranza di destra è chiaro che esso non rappresenta gli interessi dei lavoratori e della maggioranza della popolazione.

 

Lo stesso Beat Jans, persona d’indiscutibile valore e caratura morale, di famiglia operaia, ecologista illuminato e con alle spalle una storia personale e politica di lotta a ogni forma di discriminazione, potrà incidere ben poco sulle scelte di fondo del Governo del paese. Come è stato per Berset e per la gran parte degli ex consiglieri federali socialisti.
Se, come prevedibile, riprenderà la responsabilità del Dipartimento degli Interni lasciato vacante da Berset, tra qualche settimana lo vedremo condurre la campagna contro l’iniziativa sindacale per l’introduzione di una 13esima rendita Avs, in votazione il 3 marzo prossimo.

 

E nei mesi successivi Jans si batterà contro l’iniziativa del suo stesso partito per porre un tetto ai premi dell’assicurazione malattie e in favore della revisione della Legge sulla previdenza professionale dei dolorosi tagli alle pensioni previsti nella stessa. Lo farà perché sarà suo dovere farlo, nel nome della democrazia di concordanza su cui poggia il nostro sistema di governo e che in queste circostanze riaccende l’eterno dibattito (che non vogliamo qui riaprire) sul senso e sull’utilità della partecipazione socialista a un esecutivo a maggioranza di destra. Al di là di questa questione, è ovvio che per reindirizzare le politiche della maggioranza borghese servono segnali forti da parte delle cittadine e dei cittadini. Come quello che auspichiamo venga dalle urne il prossimo 3 marzo per la concessione di una tredicesima mensilità Avs alle pensionate e ai pensionati di questo paese.

Pubblicato il 

14.12.23
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