“Lottare insieme, vincere insieme”. È lo slogan scelto da Unia Regione Ticino e Moesa per il Congresso ordinario in agenda il 9 marzo prossimo a Bellinzona, che al centro della discussione porrà la questione della capacità di mobilitazione del sindacato, “priorità assoluta del nostro lavoro”, si legge nel Documento programmatico che sarà sottoposto a discussione e votazione ai circa 150 delegati.

 

Il documento, suddiviso in sei capitoli, è il risultato di intense discussioni tenutesi nei mesi passati, prima tra i militanti sindacali e nei comitati sezionali e poi negli organi regionali preposti che hanno elaborato la sintesi. Il primo punto riguarda le vertenze collettive, “motore della mobilitazione”, perché “strumento attraverso cui il sindacato cresce, si legittima e abitua le lavoratrici e i lavoratori a mobilitarsi per migliorare le proprie condizioni di lavoro”. Di qui la necessità di impegnarsi nei prossimi quattro anni a intensificare la presenza sui luoghi di lavoro, lo sviluppo “di ogni possibile vertenza (a livello aziendale, settoriale o di ramo professionale) relativa all’applicazione dei contratti collettivi di lavoro (CCL), delle leggi e di altri regolamenti”, si legge nel documento, che tra le priorità indica anche il reclutamento di nuovi militanti nelle principali aziende di ogni settore e ramo e la costituzione di comitati aziendali.

 

Conoscenza è coscienza

La formazione è invece il tema al centro del secondo punto della proposta del Documento programmatico, che prevede l’impegno a rafforzare l’offerta formativa, per esempio con corsi su questioni di stretta attualità, oltre alla già oliata Scuola operaia, un appuntamento fisso ormai da molti anni e fiore all’occhiello dell’organizzazione. Dei militanti muniti di “un bagaglio ideologico che dia i mezzi per analizzare il mondo secondo una chiave di lettura diversa da quella fornita dal discorso dominante, saranno in grado di condurre delle lotte sui posti di lavoro e avranno gli strumenti necessari per organizzare le colleghe e i colleghi e diventare per questi un punto di riferimento”, si osserva nel capitolo 2 del documento, dall’eloquente titolo “Più conoscenza, più coscienza”.

 

Salute e sicurezza sul lavoro

Da sempre oggetto dell’attenzione e delle preoccupazioni di Unia (e troppo spesso anche delle cronache), la protezione della salute e della sicurezza sul lavoro è questione su cui si deve continuare a insistere. “Con un lavoro di analisi e di statistica dei fattori di rischio sui posti di lavoro, con un’opera di denuncia sistematica e rivendicando a ogni rinnovo contrattuale dei miglioramenti concreti nell’ambito della sicurezza nonché la protezione contro il licenziamento in caso di denuncia di lacune in materia”, si indica come priorità nel terzo capitolo del Documento sottoposto al giudizio del Congresso.

 

Partecipazione e inserzione

Il quarto punto del programma sindacale 2024-2027, riguarda invece le campagne politiche e la democrazia, in particolare il coinvolgimento di tutte e tutti gli associati a Unia quando la nostra organizzazione è protagonista di iniziative e referendum che interessano per esempio le condizioni di lavoro e i diritti sociali. Per esempio, come è stato il caso per AVS 21 e per l’iniziativa sulla 13esima AVS, organizzando sui luoghi di lavoro vere e proprie votazioni aperte a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno il diritto di voto. Un tipo di campagna molto apprezzato, che stimola il “passaparola” e incentiva la mobilitazione alla vigilia dell’appuntamento con le urne. E un sano esercizio di democrazia e che Unia Ticino vuole continuare a promuovere, proponendolo anche sul piano nazionale, si legge nel Documento programmatico.

Ma siccome i punti indicati “non possono restare una semplice lista di desideri, sconnessa dalla realtà sociale e politica del paese”, ammonisce il Segretario regionale Giangiorgio Gargantini nel suo messaggio ai delegati che apre il Documento programmatico, questo consacra due capitoli a due altri aspetti fondamentali. Da un lato il mantenimento e il rafforzamento dei legami con gli altri movimenti sociali e popolari (femministi, pacifisti, ambientalisti, antirazzisti) presenti e attivi sul territorio e dall’altro la necessità di una gestione strategica delle risorse in modo da garantire “una crescita degli effettivi” e “un’incisività maggiore sul piano delle mobilitazioni sindacali”.

Toccherà ai delegati regionali discutere, eventualmente modificare e approvare il Documento che guiderà l’azione di Unia Ticino e Moesa nei prossimi quattro anni. In attesa di conoscere le decisioni del Congresso, abbiamo posto alcune domande al Segretario regionale Giangiorgio Gargantini.

 

Giangiorgo Gargantini, quale è il valore del Congresso?

È un momento essenziale della vita dell’organizzazione, perché è un’importante occasione di incontro, di scambio e di confronto per le lavoratrici e i lavoratori che vi partecipano, che spesso sui luoghi di lavoro vivono la solitudine. Al congresso sono per un giorno tutti insieme.

 

Il Congresso sarà un’occasione per fare un bilancio dell’attività svolta nell’ultimo quadriennio. Dal punto di vista del Segretario regionale quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi?

Il primo aspetto positivo è sicuramente la quantità e la varietà delle attività svolte nei vari settori professionali, sui luoghi di lavoro e nella società, di cui ci si rende facilmente conto sfogliando le oltre 40 pagine del Rapporto di attività che discuteremo al Congresso. Il quadriennio è stato certamente anche difficile, cominciato con la pandemia in cui peraltro abbiamo saputo ritagliarci un ruolo di primo piano senza mai smettere un solo giorno di fare sindacato e terminato con l’emergenza salariale che stiamo tuttora vivendo in pieno. Una battaglia che non riguarda solo i salari minimi, ma tutti i salari, che devono essere dignitosi e consentire di vivere. E che tocca anche aspetti come il riconoscimento dell’esperienza e delle qualifiche.

 

Guardando al mercato del lavoro ticinese, quali sono le principali preoccupazioni cui ritieni vi sia urgenza di dare risposte?

Sottolineo innanzitutto l’importanza di comunicare chiaramente quale è la situazione al di là delle cifre ufficiali. Settimanalmente assistiamo ad esercizi di stile che cercano di rendere la realtà del Cantone diversa da quella che è: attraverso dati sulla disoccupazione falsati dal sistema di calcolo, fuorvianti statistiche sui salari e narrazioni ridicole quando si parla di partenariato sociale o di contratti collettivi. Noi, come sindacato, abbiamo un compito più difficile, che è quello di raccontare la realtà vera che si riscontra sui luoghi di lavoro e di intervenire sugli aspetti più critici. Come quello della difesa dei diritti sindacali, in particolare della necessità di una vera protezione contro il licenziamento di chi si attiva per i propri diritti e per quelli dei colleghi sui posti di lavoro. Una questione su cui a livello nazionale stiamo preparando un’iniziativa popolare.

 

In Ticino la situazione è più grave che altrove in Svizzera?

Da noi la situazione è molto peggiore che nel resto della Svizzera. E non solo per i salari che sono mediamente di oltre il 20 per cento più bassi, ma anche per la nostra posizione geografica e per essere confrontati a un modo di fare impresa, sempre più diffuso, che approfitta di questo per praticare dumping salariale e attaccare i diritti di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori. Di qui l’importanza di saper fare bene sindacato.

 

Come si potrebbero definire le relazioni col padronato?

Sono delle relazioni sempre più difficili. Ad ogni discussione, ad ogni negoziazione la controparte erige muri e assume un atteggiamento molto ideologico e antisindacale. Una controparte che spesso, invece di pensare al bene del mercato del lavoro e dell’economia cantonale, pensa solo a tagliare fuori dai giochi Unia in quanto sindacato combattivo, anche appoggiandosi su altre organizzazioni più inclini al consenso. Fare sindacato è sempre più difficile, anche perché ci si deve a volte confrontare con rappresentanti dei datori di lavoro cresciuti alla scuola del management ma che non conoscono la realtà del mercato del lavoro e quindi sono incapaci di capire le problematiche e cercare le soluzioni giuste.

 

Al Congresso si parlerà anche di come fare per migliorare sul fronte del reclutamento di nuovi soci e di come rafforzare la base di militanti...

Sono due aspetti essenziali. Viviamo in una società sempre più individualista, il che rende più difficile la partecipazione alle battaglie collettive condotte dal sindacato. È un problema che non tocca solo Unia e che anzi ci tocca forse in misura inferiore rispetto ad altri sindacati e altre realtà, ma su cui riteniamo importante interrogarci. Ed è quello che faremo al Congresso di Bellinzona discutendo il Documento programmatico e fissando una serie di priorità per il prossimo quadriennio.

 

La direzione chiederà al Congresso anche di valutare se dare mandato ad un gruppo di lavoro di elaborare un progetto di riorganizzazione delle strutture di Unia Ticino e Moesa. L’orizzonte è quello di un modello a regione unica, cioè di un’abolizione delle attuali sezioni?

Ci siamo resi conto che siamo confrontati a numerose sfide di un mondo del lavoro che evolve e che dobbiamo interrogarci anche sulla bontà e l’efficacia delle nostre strutture. L’idea è quella di avviare un’analisi approfondita sui bisogni dell’organizzazione, che come priorità ha essenzialmente quella di migliorare la propria capacità di mobilitazione, di presenza e inserzione sui luoghi di lavoro e nella società. In seguito si tratterà di valutare se siano necessari dei cambiamenti a livello organizzativo e strutturale e se del caso di quale ampiezza.

Pubblicato il 

06.03.24
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